Dangerous Toys – Giochi pericolosi

Essere genitori è un impegno che ci coinvolge a giro di orizzonte e che richiede le nostre migliori energie, tanta volontà, un amore sconfinato e soprattutto allegria e leggerezza; i nostri figli devono avere la possibilità di scoprire il mondo e, attraverso questa scoperta, sviluppare le loro capacità e abilità, far emergere le loro inclinazioni e farlo con gioia, divertendosi e giocando: giocando sì, ma… in sicurezza.

Ogni genitore desidera che i propri figli maturino l’autorealizzazione attraverso i giochi, e che tra risate e sfide costruiscano le basi per uno sviluppo sano ed equilibrato; la premessa a tutto ciò, nonché uno dei principali compiti dei genitori, è assicurarsi che i giochi siano idonei all’età dei propri figli e che non siano pericolosi.

Giochi pericolosi?; è una domanda più che legittima a cui, nel tempo, la legislazione nazionale ed europea si è impegnata nel fornire risposte, standards e criteri qualitativi che hanno il precipuo compito di far arrivare agli scaffali dei negozi ma anche, come vedremo più avanti, nelle nostre piazze e giardini, magari circondati da siepi di rose profumate, giochi che abbiano caratteristiche di robustezza, sicurezza e integrità tali da poter essere usati con soddisfazione e serenità dai nostri figli.

Sono passati gli anni in cui ai nostri genitori e nonni bastavano una bambola in panno lenci con gli occhi ricavati da due bottoni, dei sacchetti di biglie o gli intrepidi soldatini di piombo di Andersen, per vivere mille differenti avventure ricche di fantasia!

Gli occhi delle bambole di stoffa e dei Teddy bears, ai sensi del decreto legislativo 54/2011, non possono più essere fatti con bottoni o oggetti che possano staccarsi, specialmente se destinati alla delicata fascia di età della primissima infanzia, ossia fino ai tre anni del bambino; analogo discorso valga per le biglie e i piccoli oggetti che compongono i giocattoli, ai sensi della direttiva 2009/48/CE, per la quale, al fine di prevenire la possibilità di un eventuale soffocamento, tutti i pezzi di diametro inferiore a 3,17 cm non possono essere usati in caso di età inferiore ai 36 mesi.

Men che meno si pensi di simulare battaglie o riprodurre le azioni belliche degli eroi che hanno scritto la storia militare con i soldatini di piombo! Infatti la normativa europea, aggiornata nel 2017, fissa i valori limite della migrazione del piombo attraverso la seguente puntuale definizione, in funzione della tipologia di materiale di cui è composto il giocattolo: da un minimo di 23mg di piombo/kg di peso del gioco per il materiale rimovibile mediante raschiatura, ad un massimo di 0,5 mg/kg per il piombo impiegato in giocattoli liquidi; tutto ciò al fine di prevenire l’eventuale insorgenza di danni neurologici e preservare la salute dei nostri figli.

È evidente come la legislazione in materia abbia compiuto passi da “gigante buono” in questo settore, soprattutto nel caso dei prodotti e dei giocattoli funzionali, ossia quei prodotti che svolgono la stessa funzione e vengono impiegati nello stesso modo di un apparecchio o un impianto destinato ad essere utilizzato da adulti, ma che possono rappresentare modelli in scala di tali prodotti, apparecchiature o impianti; si è passati da attrezzature decisamente poco adatte ai bambini, ancorché utilizzate sotto l’attenta supervisione degli adulti, a giochi che per caratteristiche di atossicità, sicurezza ed ergonomicità, non hanno nulla a che vedere con talune realtà del passato.

Tra queste, è impossibile non fare riferimento… ai giochi in scatola del piccolo chimico, esclameranno alcuni tra di voi, magari proprio quelli che, nel trovarsi tra le mani da bambino un micro-laboratorio con cui convertire il piombo in oro piuttosto che creare miscele esplosive o bombette puzzolenti, travolti da tale passione, hanno poi deciso di trasformare l’amato gioco in una vera e propria professione; no, non siete andati particolarmente lontani, tuttavia, il laboratorio del piccolo chimico non ha rappresentato l’apice della scala del rischio per quanto attiene ai giochi pericolosi.

Quello che ancora oggi è possibile reperire, nel circuito del collezionismo e a prezzi decisamente significativi per un gioco, è sì un laboratorio, ma di fisica atomica: il prodotto che negli anni ’50, negli Stati Uniti d’America, prese il nome di Atomic Energy Lab della Gilbert Company.

Dopo aver giocato con i primi 90 elementi della tavola periodica, facendo miscele, composti, soluzioni, scaldato fialette e trasformato colori e consistenze dei diversi materiali a disposizione, in una sorta di antesignano laboratorio dei più attuali slime, era possibile passare al 92°, ovvero l’uranio; infatti, nella confezione lignea del laboratorio, erano presenti campioni frammentati di Uranio, campioni di Piombo 210 (radiazioni alfa e beta), di Rutenio 106 (radiazioni beta) di Zinco 65 (gamma) e di Polonio 210 (alfa).

Destinato a “ragazzi con un grande interesse per la scienza”, il gioco era dotato di un libretto illustrativo che permetteva l’esecuzione di 150 diversi esperimenti, oltre ad apparecchiature usate per ottenere prove visive ed effettuare misurazioni e conteggi sulla radioattività; tutto ciò attraverso l’elettroscopio in dotazione, lo spintariscopio, ovvero un contatore Geiger potenziato con un indicatore al neon che forniva un risposta luminosa agli scatti del contatore e la camera di Wilson, più comunemente nota come camera a nebbia, che consentiva di vedere il percorso degli elettroni e delle particelle alfa alla velocità di 10 km/s.

Come è noto, le radiazioni ionizzanti sono classificate in base alla natura delle onde/particelle elettromagnetiche che causano l’effetto ionizzante, dividendosi in alfa, nuclei di elio 4 ad alta velocità e a basso potere di penetrazione, beta, costituite da elettroni con un maggior potere penetrante rispetto agli alfa ma minore rispetto alle radiazioni gamma, costituite da fotoni e assorbite da materiali molto densi.

Volendo semplificare, le radiazioni alfa hanno maggior pericolosità nel caso vengano accidentalmente ingerite, e nel kit erano presenti sia campioni di Piombo 210 che di Polonio 210, quest’ultimo già tristemente noto alle cronache, mentre le radiazioni beta e gamma, che hanno una maggior capacità di penetrazione, possono essere assorbite in maggiore o minore misura dal corpo umano, ove la dose assorbita viene misurata in Gy – grey o nel suo sottomultiplo mGy – milligray.

I danni relativi all’esposizione possono essere limitati attraverso tre differenti pratiche: la prima riguarda il tempo di esposizione, ove minore è il tempo, minore è l’assunzione di radiazioni; la seconda riguarda la distanza dalla fonte, ove maggiore è la distanza, minore è l’assorbimento.
La terza soluzione consiste nell’interporre tra il soggetto e la sorgente una schermatura, variante in funzione del tipo di radiazione, per limitare la quantità di radiazioni incidenti su di esso; come è facile immaginare, un bambino alle prese con tale laboratorio non avrebbe applicato alcuna di queste misure di radioprotezione, ma avrebbe piuttosto manipolato e toccato più volte i diversi campioni a mani nude, rimanendo a lungo incantato davanti alle scintille luminose della camera a nebbia.

I danni provocati dalle radiazioni sui giovani organismi possono essere essenzialmente di due tipi: i primi sono quelli immediati causati da dosi elevate di radiazioni, quali la distruzione del midollo osseo attivo come pure della mucosa intestinale, nonché ustioni cutanee; i secondi sono a lungo termine o stocastici, ovvero probabilistici, e sono rappresentati da malformazioni nei discendenti dovute ai danni molecolari causati dalle radiazioni al DNA, con la contestuale insorgenza di svariate forme di neoplasia.

Lasciandoci alle spalle un passato di cui è tuttavia necessario mantenere memoria, per non trovarci a ripetere in futuro le stesse negative esperienze, facciamo ora due passi all’aperto con i ragazzi, trovandoci finalmente in un parco giochi attrezzato.

Qui, tra cicale che friniscono, altalene e scivoli, la sicurezza viene invece assicurata dalle norme europee EN 1176, EN 1177 e dalle norme UNI 11123 del 2004, le quali disciplinano le misure necessarie affinché i parchi giochi siano davvero un luogo ludico e di divertimento per i bambini pur rispettando rigorosi criteri di sicurezza.

Tra i criteri costruttivi delle strutture, particolare attenzione è dedicata agli assemblaggi i quali dovrebbero sempre essere protetti da eventuali tentativi di manomissione, nonché alla sostituzione dei componenti soggetti a usura, che necessitano di manutenzione periodica.

Inoltre, in una visione olistica della progettazione delle aree gioco o playground, è fondamentale tener conto degli spazi di caduta e delle aree d’impatto secondo criteri di proporzionalità diretta, relativamente all’altezza di caduta e ai materiali impiegati per assicurare un adeguato assorbimento dell’impatto, quali ad esempio moduli ammortizzanti, truciolato, sabbia o lo stesso prato d’erba: in tali contesti le cadute dovrebbero rappresentare eventi legati all’eccezionalità, poiché tutte le strutture, oltre ad esser costruite e rivestite in materiali atossici, dovrebbero essere dotate di idonei protezioni e parapetti.

E la casetta sull’albero, o la casa-zattera di Tom Sawyer? Anche per queste strutture, che tanto ci hanno fatto sognare da bambini – alimentando costantemente gli incubi dei nostri apprensivi genitori – è forse giunto il momento di un’adeguata messa in sicurezza tra i ricordi d’infanzia, lasciando che il futuro possa essere sempre più roseo: un luogo sicuro e sano per noi e per i nostri figli, pienamente consapevole della realtà ma al contempo ignaro di indici, colori distintivi e matrici di calcolo del rischio.

 

Articolo a cura di Claudia Petrosini e Stefano Scaini

Profilo Autore

La Dott.ssa Claudia Petrosini è specializzata nel settore della Difesa CBRN. Nel 2015 ha conseguito un Master in studi strategici e sicurezza internazionale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e nel novembre 2016, con una tesi dal titolo “Infrastrutture critiche italiane: pervenire ad una mappatura territoriale dei rischi CBRN”, ha conseguito il Master in protezione strategica del sistema Paese presso la SIOI - Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Nel 2019 ha frequentato, presso l’ICTP - International Centre for Theoretical Physics, la Joint ICTP-IAEA International School on Nuclear Security. E’ coautrice del volume dal titolo "Terrorismo e Soft-target" (EPC Editore – 2020) nonché di numerose e riconosciute pubblicazioni tecnico-scientifiche in campo nazionale.

Profilo Autore

Stefano Scaini opera nei settori Security e Safety dal 1993 fornendo servizi, consulenze e contributi didattici in merito a sicurezza, tecnologie ed applicazioni sia civili che militari, con particolare riferimento agli aspetti dual-use e quanto afferente ai settori Sicurezza, Protezione e Difesa di assets critici. Certificato Professionista della Security di III livello - Senior Security Manager in conformità alla norma UNI 10459:2017, è altresì certificato con merito al livello AMBCI presso The Business Continuity Institute. Certificato P.F.S.O., C.S.E., R.S.P.P., Covid Manager, Tecnico Ambientale e Coordinatore 257/'92, è in possesso dal 1996 dell'idoneità tecnica all’impiego di materiali esplodenti (ai sensi dell’Art. 27 del D.P.R. n°302/'56) ed iscritto al Ruolo dei Periti e degli Esperti della CCIAA di Parma nella Categoria CHIMICA-Esplosivi.

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