I precursori: un chiaro esempio di interdipendenza tra criticità di Safety e di Security

Nell’ultimo decennio l’Unione Europea e alcune Organizzazioni internazionali quali IAEA e OPAC hanno condotto una puntuale opera di classificazione di merci, materiali e sostanze il cui impiego, a fini criminali o illeciti, potrebbe causare gravi danni al regolare svolgimento delle attività sociali e produttive; tale opera di classificazione ha come principale oggetto di studio le merci e le sostanze, quali ad esempio i materiali radioattivi (ADR Classe 7) o gli esplosivi (ADR Classe 1), che per la loro intrinseca pericolosità rappresentano una grave minaccia, fino ad essere talvolta classificate quali W.M.D., ovvero armi di distruzione di massa.

Tuttavia, il lavoro di classificazione e controllo non si limita solo a questi materiali ma anche a ulteriori categorie di sostanze che, a causa della relativa facilità dei processi di trasformazione in materiali pericolosi, risultano particolarmente ricercate da organizzazioni terroristiche e criminali.

Infatti, pur non escludendo l’impiego di beni e tecnologie duali (dual use), le organizzazioni terroristiche e la criminalità organizzata, con sempre maggior frequenza, ricorrono all’utilizzo di oggetti e materiali di libera vendita propedeutici alla fabbricazione illecita di sostanze non tracciate né tracciabili.

I precursori sono, appunto, tutte quelle sostanze di libera vendita elencate in specifiche categorie di legge, inserite in apposite tabelle e regolamentate, in quanto il loro impiego risulta essere propedeutico alla creazione di ordigni o ulteriori materiali destinati a un uso criminale; inoltre essi si differenziano in base all’uso cui sono destinati, come ad esempio il mercato della droga, le armi chimiche e il settore degli esplosivi.

Con l’espressione “precursori di droghe” si intendono alcune sostanze chimiche che vengono normalmente utilizzate in numerosi processi industriali e farmaceutici, la cui commercializzazione, anche in quantitativi rilevanti, avviene lecitamente; tuttavia, tali sostanze hanno una funzione cruciale nella produzione, fabbricazione e preparazione illecita di droghe d’abuso, siano esse di origine naturale, di sintesi o di semi-sintesi.

Alcuni tra questi precursori, quali l’acido lisergico, l’efedrina e il safrolo, sono impiegati dai trafficanti come materia prima da poter trasformare in droghe sintetiche quali amfetamine, ecstasy e LSD con processi chimici semplici e poco costosi.

Altri, quali ad esempio l’anidride acetica e il permanganato di potassio, possono essere utilizzati come reagenti al fine di ottenere eroina e cocaina; altri ancora, come l’acetone e l’etere, trovano impiego come solventi per poter effettuare l’estrazione e la purificazione delle droghe di origine naturale e anche per la preparazione di alcune droghe di sintesi.

Il quadro normativo di contrasto al traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope trova fondamento, a livello internazionale, nella Convenzione delle Nazioni Unite sottoscritta a Vienna il 20 dicembre 1988 e ratificata in Italia con la Legge n° 328 del 1990.

La Convenzione del 1988 ha sancito, tra l’altro, la necessità di adottare misure per controllare alcune sostanze, compresi i precursori, i prodotti chimici e i solventi che sono utilizzati nella fabbricazione di stupefacenti e di sostanze psicotrope, attraverso l’impiego di un sistema di controllo degli scambi internazionali di precursori di droghe, prevedendo che ogni Stato adotti le misure che ritiene appropriate per impedire che sostanze figuranti nelle Tabelle I e II raggiungano il mercato illecito.

La normativa nazionale di riferimento sui precursori di sostanze psicotrope è costituita dall’art. 70 del DPR 309/90 (novellato dal decreto legislativo 24 marzo 2011 n.50), mentre a livello europeo sono in vigore i regolamenti (CE) 273/2004 e 111/2005.

La Convenzione di Parigi, firmata il 13 gennaio 1993 ed entrata in vigore il 29 aprile 1997, rappresenta uno dei maggiori successi delle iniziative internazionali di disarmo e, certamente, uno dei più significativi risultati della Conferenza sul disarmo delle Nazioni Unite.

All’articolo III della Convenzione è fornita la definizione di “armi chimiche”, ovvero “…tutte le sostanze chimiche tossiche e i loro precursori, salvo se destinati a scopi non proibiti dalla Convenzione, cioè ad usi pacifici, a scopi di protezione contro sostanze chimiche tossiche, a scopi militari non connessi con l’uso delle armi chimiche e al controllo dell’ordine pubblico”; in tale definizione sono comprese altresì le munizioni e i dispositivi specificamente designati a emettere sostanze chimiche tossiche, nonché qualsiasi “equipaggiamento specificamente progettato a tale scopo”.

La Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche ha carattere quasi universale in quanto, ad oggi, solo quattro nazioni non vi hanno aderito e, in accordo con quanto sottoscritto dagli Stati parte, è stata distrutta la quasi totalità degli esistenti arsenali di armi chimiche.

A proposito di precursori chimici è importante ricordare una vicenda che, all’indomani della Risoluzione 2118 del Consiglio di Sicurezza e della Decisione del Consiglio Esecutivo dell’OPAC del 27 settembre 2013, ha visto l’Italia protagonista nello smantellamento dell’arsenale chimico siriano attraverso un mandato fortissimo, il quale ha consentito di giungere in tempi assai rapidi ad un tale importante risultato.

Infatti, l’accordo sulla distruzione delle armi chimiche siriane fu rapidamente raggiunto a seguito dei bombardamenti di alcuni quartieri orientali di Damasco il 21 agosto 2013; nelle prime ore di quel giorno, militari fedeli al presidente siriano Bashar al Assad, usando missili contenenti agenti chimici tossici, attaccarono le zone che ritenevano fossero sotto il controllo dei ribelli provocando l’uccisione, nel solo attacco di Al Ghouta, di oltre mille civili tra cui donne e bambini.

Per la posizione strategica che l’Italia assume nelle rotte mercantili e soprattutto per le strutture portuali all’avanguardia di cui è dotata, fu offerto, nell’ambito dell’operazione multinazionale condotta sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, il porto di Gioia Tauro per consentire l’effettuazione delle operazioni di trasbordo dei fusti imballati, contenenti i precursori delle armi chimiche siriane, al fine di consentirne la successiva distruzione in acque internazionali a bordo dell’Unità navale statunitense Cape Ray.

Tale operazione vide impegnati, oltre all’Italia, Paesi quali Stati Uniti d’America, Russia, Cina, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Germania e Regno Unito; gli Stati Uniti, la Russia e la Cina resero disponibili i materiali necessari alla rimozione degli agenti chimici dal territorio siriano, mentre la Danimarca e la Norvegia garantirono il trasporto marittimo di detti materiali anche grazie al supporto di un team di esperti messi a disposizione dalla Finlandia.

In considerazione dell’interesse che un tale carico avrebbe potuto suscitare in organizzazioni criminali di diversa matrice, una task-force congiunta di Danimarca e Norvegia si fece carico di garantire la scorta navale al convoglio proveniente dalla Siria con il contributo di unità navali di Russia, Cina e Regno Unito.

Nel lungo processo che ne seguì, furono distrutte o convertite 1.300 tonnellate di agenti chimici: circa 600 tonnellate di precursori transitarono per l’Italia attraverso il porto di Gioia Tauro al fine di assicurarne il trasporto sulla Cape Ray, a bordo della quale furono installate delle apparecchiature mobili per la distruzione dei materiali mediante idrolisi, consentendo in tal modo di effettuare la maggior parte del processo di smaltimento; le rimanenti 700 tonnellate furono trattate presso gli impianti industriali della Germania e del Regno Unito, e i residui furono convertiti in sostanze utilizzabili all’interno dei normali processi chimici industriali, dimostrando così che l’uso dei precursori chimici ha un’elevatissima valenza anche a scopi pacifici.

Così come di impiego pacifico è possibile parlare anche nel caso delle sostanze esplosive e dei loro precursori; all’interno dell’Unione Europea, il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio ha recentemente approvato l’accordo provvisorio su un progetto di regolamento che impone norme maggiormente restrittive e rigorose per quanto riguarda l’immissione sul mercato e l’uso di precursori di esplosivi in tutta Europa.

Tale accordo, che aggiorna il Regolamento UE n. 98 del 2013, limita la disponibilità, l’introduzione, la detenzione e l’uso di taluni precursori di esplosivi al pubblico; stabilisce inoltre norme cogenti in materia di segnalazione delle transazioni sospette, in quanto le citate restrizioni e i controlli ad oggi esistenti non si sono rivelati sufficientemente incisivi nell’impedire la detenzione e la fabbricazione illecita di esplosivi artigianali.

Inoltre, il regolamento attualmente in vigore non assicura una sufficiente chiarezza per quanto riguarda i numerosi obblighi che impone, soprattutto riguardo quelli che mirano a garantire la corretta e tempestiva trasmissione di informazioni lungo la catena di approvvigionamento.

La proposta di regolamento distingue due specifiche categorie di precursori di esplosivi: quelli che devono essere soggetti a restrizioni, ovvero che non devono essere resi disponibili, introdotti, detenuti o utilizzati dai privati con una concentrazione superiore a determinati valori fissati in apposite tabelle tecniche; e i precursori di esplosivi che devono essere disciplinati, ovvero tutti quei precursori di esplosivi che, a causa di un loro impiego diffuso a scopi non illeciti, fruiscono di una regolamentazione meno restrittiva dei precedenti pur dovendo comunque assicurare la puntuale e tempestiva segnalazione delle transazioni sospette da parte degli operatori economici (ivi compresi quelli operanti sui mercati online).

L’applicazione del succitato regolamento avverrà diciotto mesi dopo la data di entrata in vigore, la quale si prevede essere entro la fine del 2020; è quindi evidente come l’Unione Europea e le principali Organizzazioni internazionali che si occupano di sostanze chimiche, psicotrope o esplosive effettuino una puntuale opera di classificazione e controllo di tali materiali nonché delle sostanze di libera vendita le quali, a causa della relativa facilità dei processi di trasformazione in materiali pericolosi, ne sono i precursori.

 

Articolo a cura di Claudia Petrosini e Stefano Scaini

Profilo Autore

La Dott.ssa Claudia Petrosini è specializzata nel settore della Difesa CBRN. Nel 2015 ha conseguito un Master in studi strategici e sicurezza internazionale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e nel novembre 2016, con una tesi dal titolo “Infrastrutture critiche italiane: pervenire ad una mappatura territoriale dei rischi CBRN”, ha conseguito il Master in protezione strategica del sistema Paese presso la SIOI - Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Nel 2019 ha frequentato, presso l’ICTP - International Centre for Theoretical Physics, la Joint ICTP-IAEA International School on Nuclear Security. E’ coautrice del volume dal titolo "Terrorismo e Soft-target" (EPC Editore – 2020) nonché di numerose e riconosciute pubblicazioni tecnico-scientifiche in campo nazionale.

Profilo Autore

Stefano Scaini opera nei settori Security e Safety dal 1993 fornendo servizi, consulenze e contributi didattici in merito a sicurezza, tecnologie ed applicazioni sia civili che militari, con particolare riferimento agli aspetti dual-use e quanto afferente ai settori Sicurezza, Protezione e Difesa di assets critici. Certificato Professionista della Security di III livello - Senior Security Manager in conformità alla norma UNI 10459:2017, è altresì certificato con merito al livello AMBCI presso The Business Continuity Institute. Certificato P.F.S.O., C.S.E., R.S.P.P., Covid Manager, Tecnico Ambientale e Coordinatore 257/'92, è in possesso dal 1996 dell'idoneità tecnica all’impiego di materiali esplodenti (ai sensi dell’Art. 27 del D.P.R. n°302/'56) ed iscritto al Ruolo dei Periti e degli Esperti della CCIAA di Parma nella Categoria CHIMICA-Esplosivi.

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