SARS COV2, le mutazioni del virus, la forza del pensiero laterale e la comunicazione nell’emergenza

Nel seguito cercherò di fare un piccolo esercizio di logica partendo da 2 concetti: ciclo dell’emergenza e baricentro.

Magari arriviamo in posti nuovi ma vicini, scoprendo orizzonti che sono a portata di mano.

Da quando è iniziata la Pandemia (per chi come me segue queste cose per lavoro la Pandemia è iniziata già nel 2019, ben prima della tardiva dichiarazione dell’integerrima OMS che sottovalutava una regione con 70 milioni di persone in lockdown…, un po’ più popolosa dell’Italia), abbiamo applicato più o meno tutti in Europa (tranne la Svezia) lo stesso paradigma con risultati variabili.

Il paradigma era quello classico: i governi, messi alla prova dalla pandemia, verificavano la capacità di reazione del sistema sanitario e definivano, più o meno conseguenzialmente le contromisure.

Le contromisure e la loro applicazione erano (e sono) funzione della quantità di posti negli ospedali, del numero di letti in terapia intensiva ma, soprattutto, della capacità di creare percorsi e contesti “dedicati” al contenimento ed alla cura del virus garantendo la gestione dell’ordinario.

Per questo l’Italia ha adottato il lockdown, era quella col peggior sistema sanitario e la peggiore organizzazione ed ha cercato di ridurre la pressione sugli ospedali, dopo aver capito con grave ritardo che andavano creati corridoi ad hoc.

E’ a questo punto che entra in gioco la prima fase del ciclo dell’emergenza: la prevenzione.

Chi, come in Germania ha realmente fatto prevenzione specie prima della prima ondata, ha gestito i contagi con performance da manuale, non è mai andata in affanno per le terapie intensive ed accoglieva, addirittura, malati da altri paesi.

Noi, in Italia, non abbiamo mai fatto prevenzione perché troppi politici hanno la cultura dell’emergenza nel DNA e non si preoccupano del Bene Comune ma delle telecamere dei riflettori e dei soldi facili da amministrare che solo l’emergenza porta.

Abbiamo fatto prevenzione alla rovescia per anni, smantellando ospedali, svuotando le strutture sanitarie e travasando fondi nelle ASL dove tutto è burocratizzato e politicizzabile e togliendo risorse alla Ricerca ed agli Ospedali (intesi come gruppo di Operatori Specializzati dal Primario all’infermiere neo-assunto).

In piena Pandemia abbiamo assistito alla creazione ex novo di enormi luoghi per accogliere infinite quantità di malati Covid (che fruttano tantissimo alle Amministrazioni), come se tutto il resto fosse completamente sparito.

Chi ha fatto e fa gare pubbliche, da circa vent’anni si confronta col fatidico paragrafo per cui la stazione appaltante (ovvero la pubblica amministrazione) chiede al fornitore di esporre nel suo progetto come verrebbero gestiti improvvisi picchi di lavoro o eventi che possono mettere a repentaglio la fornitura… E le commissioni mettono punteggi alle proposte decidendo chi è più bravo degli altri nella gestione di eventi improvvisi (Risk Management)…Chiacchiere e distintivo direbbe De Niro

In Italia durante la prima ondata ci siamo accorti (ma neanche tanto) che non c’è traccia di prevenzione né di programmazione, abbiamo centralizzato tutto, soprattutto le emergenze, pur di poter nascondere inerzie ed inefficienze.

Tornando al primo punto del ciclo delle emergenze possiamo dire che abbiamo toccato con mano il fondo in materia di prevenzione e, come direbbe il compianto presidente di una squadra di calcio, “durante la pandemia ci siamo messi a scavare”… Vediamo perché.

La gestione di un’emergenza come la Pandemia (prevista a più riprese almeno dal 2001) implica il coinvolgimento di più livelli operativi ed il rispetto dei ruoli e, in un contesto sano, anche la consapevolezza dei limiti degli attori in campo per farne tesoro e partire da essi per migliorare.

Nulla di tutto questo è accaduto nella cosiddetta prima ondata.

Sono stati violati ed ignorati, senza alcun pudore, ruoli e processi previsti per casi analoghi.

Non c’è stata condivisione delle informazioni fra istituzioni (usata come scusa per inefficienze ed incapacità) inibendo di fatto la reale capacità di contenimento nei territori (chi non sa non può operare) e fornendo un alibi ai sindaci (che dovrebbero garantire la tutela della Salute dei propri cittadini, come da TUEL) che, non conoscendo i nomi dei concittadini in isolamento o ammalati, non facevano nulla aspettando che le cose si risolvessero da sole, perché anche i Medici di Base erano disorientati, del tutto dimenticati e privi di qualsivoglia protezione.

Finita la prima ondata abbiamo trascorso mesi pensando che la prevenzione potesse essere collegata all’aerodinamicità dei banchi a rotelle e siamo arrivati alla seconda ondata, forti di una enorme prevenzione sfociata in due strumenti che al mondo ci invidiano: i fogli excel e l’app Immuni.

I fogli excel sono il modo sicuro, certificato e protetto adottato dalla stragrande maggioranza delle ASL per trasmettere dati sui contagi (ma il problema non era la privacy?), mentre l’app Immuni, storica ed avveniristica interpretazione della tecnologia Bluetooth in ottica centralistica e centralizzata, veniva scaricata come se fosse Facebook e forse più.

Con provvedimenti e tecnologie così all’avanguardia la seconda ondata ha colto tutti di sorpresa: non era possibile che con queste novità epocali accadesse quanto verificatosi per tante pandemie nel passato.

Purtroppo la prevenzione all’italiana non ha funzionato.

Aver lasciato inalterati i processi di gestione sanitaria dell’emergenza, non aver attrezzato opportunamente il territorio (cosa evidentemente troppo in sintonia con la prevenzione) ha permesso una “ricaduta” con effetti di gran lunga peggiori della prima ondata, spargendo l’infezione.

Eppure alla fine della prima ondata c’è stato chi ha scritto che avevamo gestito al meglio la pandemia, forse scordandosi delle statistiche (che comunque escono spietatamente e oggi ci collocano come mortalità quasi alla pari col Perù e molto al di sopra degli altri partner europei).

Mi ricordo quando, ai tempi dell’università la mortalità perinatale era l’indicatore che distingueva i paesi emergenti da quelli industrializzati. Oggi la mortalità da Covid ha livellato i valori diversamente, forse perché tutti nasciamo, ma avere un sistema sanitario coerente con le esigenze della popolazione che in Italia, come abbiamo improvvisamente scoperto durante la Pandemia è più anziana che altrove, è ben altra cosa.

Ma torniamo al ciclo dell’emergenza perché, prima o poi, in questo articolo, il pensiero laterale verrà in nostro soccorso, ne sono certo.

Nella seconda ondata (a quanto si dice ci siamo proprio dentro, nonostante l’enorme azione di prevenzione profusa dopo la prima ondata), stiamo gestendo l’emergenza con armi nuove e con un’organizzazione riconfigurata dopo aver fatto tesoro degli errori.

Infatti nulla è cambiato.

Ospedali ancora più sotto pressione, cittadini ancora più abbandonati. Privacy ancora più violata.

Basta leggere una mozione presentata da un gruppo di consiglieri regionali pugliesi per capire che, se fosse vera anche la metà delle cose dichiarate, la salute dei cittadini non è al sicuro, direi niente è al sicuro.

Per dovere di cronaca ritengo molto istruttivo riportare i 14 punti (su 26 della mozione) riguardanti la privacy e non solo, c’è da andarne fieri:

  1. Mancata attuazione della circolare del Ministero della Salute del 12-10-2020 in materia di contagiosità, per cui a partire dal 21 giorno dal riscontro della positività ed in assenza di sintomi il soggetto non è da considerare più contagioso;
  2. Mancata ottimizzazione delle risorse disponibili (Protezione Civile, CRI, Volontariato) determinata dall’incapacità sistemica di fornire dati attendibili ai comuni ed a tutti gli operatori;
  3. Mancata individuazione univoca delle persone contagiate in quanto nel file denominato “prefetture” recapitato ai comuni in formato .pdf (sic), NON è riportato il codice fiscale della persona in isolamento;
  4. Mancata capacità di individuare cluster, ricavabile implicitamente dall’assenza quasi totale di persone in isolamento ed in quarantena nel suddetto file;
  5. Mancata capacità di rappresentazione della realtà investigata determinata dalla presenza di un’enorme quantità di record incoerenti in cui i (pochi) dati necessari a definire azioni di contenimento del contagio e di supporto alla popolazione sono fra loro in contrasto o del tutto assenti;
  6. Mancata fornitura di dati in formato tale da poter essere storicizzati e trattati dai comuni, dato che il file “prefetture” arriva in formato pdf ai comuni e, pertanto, non gestibile ma solo leggibile, per cui vanno svolti dei passaggi di “trasformazione” per ottenere dati gestibili nell’operatività dai Centri Operativi Comunali;
  7. Mancata spiegazione del valore dato al contenuto dei campi del sopracitato file “prefetture” che sarebbe stata tanto utile soprattutto in virtù della completa contraddittorietà dei dati contenuti nel file;
  8. Mancata pubblicazione, relativamente all’Applicazione GIAVA COVID, adottata dalla Regione Puglia per tramite di Innova Puglia, di tutta la documentazione illustrativa delle modalità di gestione dei dati sotto il profilo della privacy, sin dalla fase di progettazione della stessa applicazione;
  9. Mancata esplicitazione delle operazioni compiute sui dati da parte degli attori via via coinvolti (ASL, Innova Puglia, Fornitori) e previste a seconda della casistica specifica (peraltro oggettivamente semplice);
  10. Mancata comunicazione del registro delle persone che possono operare a vario titolo sui dati dei contagiati così come trattati nelle varie fasi della lavorazione ed il registro delle operazioni fatte sui dati;
  11. Mancata pubblicazione e condivisione dell’elenco puntuale delle misure adottate in materia di tutela della privacy;
  12. Mancata redazione dell’elenco di ogni accesso ai dati e del registro di tutte le trasmissioni dati nonché delle misure di volta in volta adottate;
  13. Mancata condivisione e pubblicazione con TUTTI gli attori istituzionali coinvolti, della modalità di invio dei dati da un’istituzione all’altra;
  14. Mancata evidenza dei sistemi adottati per la cifratura e decifratura delle informazioni e, soprattutto, evidenza del rispetto degli elementi della trasmissione dati sicura che sono: disponibilità, confidenzialità, integrità e non ripudio, per cui DEVE essere dimostrato in ogni passaggio e da un interlocutore all’altro il rispetto del GDPR. In materia è doveroso sottolineare come una gestione dei dati così superficiale sia in totale contrasto con tutte le norme che proprio le istituzioni dovrebbero rispettare;
  15. Quanto rappresentato nei punti dal 10 al 24 oltre ai risvolti in materia di privacy ed organizzazione determina de facto la mancata applicazione di quanto previsto nel nostro ordinamento che individua nel Sindaco colui che deve garantire la salute e la sicurezza dei cittadini residenti nel proprio territorio che, vedendosi recapitare dati inconsistenti, errati e in violazione di ogni norma in materia di privacy e riservatezza non è in condizione di operare come previsto[1].

Non credo che nel Lazio, in Lombardia o altrove le cose siano così diverse, anche perché in Puglia il Governatore appena rieletto è un Magistrato dell’Antimafia in aspettativa.

C’è da chiedersi: ma il bollettino giornaliero nazionale come viene realizzato?

Quindi, forte della portentosa gestione delle emergenze nella seconda ondata è stato diffuso, fra un lockdown e l’altro, un cenone ed una veglia, il Sogno, la Panacea sotto forma di siringa: Il Vaccino.

Il Vaccino che, proprio come nella tradizione dei vaccini di una volta (vi ricordate ogni 2-3 anni la famosa puntura dal pediatra), stavolta è così efficace che avrebbe dovuto essere fatto ogni due-tre mesi (neanche io che sono allergico e mi vaccino da sempre sono mai arrivato a questi livelli), un po’ come si fa con l’aspirina: si prende ogni tanto quando c’è l’influenza che, col Covid, è fortunatamente scomparsa, come tante altre malattie.

Proprio quando tutti avevamo cominciato a veder sbocciare magnolie nelle piazze (scelta storicamente infausta), dove poter procedere alla vaccinazione di massa e, finalmente, uscire dall’emergenza ecco che, inspiegabilmente ed inaspettatamente, il virus, imprevedibile, muta, proprio come ogni organismo vivente fa adeguandosi al contesto.

Rendendo, così, vano l’enorme investimento fatto per creare vaccini a tempo di record e, soprattutto, per comunicarne l’efficacia (almeno dieci volte al giorno) e l’assoluta necessità per uscire dall’emergenza e tornare alla normalità.

In fondo la normalità sarebbe andata stretta a chi vive di emergenze.

Sarebbe scomparsa la ribalta tanto cara ai politici e che ha reso inattendibili gli esperti (forse un po’ troppo litigiosi), unica certezza durante le emergenze passate.

Ma, come capita nei grandi film d’avventura, il primo virus mutante della storia (sic)[2] porta con se delle considerazioni degne del miglior pensiero laterale, cose semplici e banali, ma se si pensa che Colombo più che per le Americhe diventò famoso per un uovo.

Prima domanda: quale è la figura che fa parte della soluzione e che non vediamo in azione?

Il Medico di famiglia, quello che in una ricerca francese di qualche anno fa era definito come “colui che più di tutti conosce i propri assistiti, al punto di prevederne le fragilità ed i punti di forza nella vita futura”.

Il Medico di famiglia, ignorato e scavalcato, è l’istituzione che più di tutte avrebbe potuto e potrebbe filtrare i ricoveri procedendo all’attuazione di protocolli di cura condivisi (ad oggi ancora del tutto evanescenti), forte della sua autorevolezza (o di quello che ne resta dopo mesi di oblio istituzionale) presso le famiglie.

Pertanto, sempre speranzosi che il vaccino (soluzione centralizzata) prima o poi impari a saltellare da una mutazione all’altra, i medici di medicina generale, opportunamente attrezzati e protetti, potrebbero porre in essere protocolli seri sia in ottica preventiva che all’insorgenza di sintomi, filtrando realmente i casi per gravità e vedendo se, alle volte si riaffaccia qualche sana malattia esantematica, una bronchite o un’influenza, invece del dilagante Covid.

Seconda domanda: cosa prevedono gli attuali ordinamenti in materia di gestione delle emergenze?

Gli attuali ordinamenti prevedono che l’emergenza sia gestita a livello locale e, in caso di impatto che superi i confini locali si vada in escalation, aggregando via via più comuni (provincie) affinché la gestione dell’emergenza sia omogenea. Questo dovrebbe accadere perché i problemi si risolvono dove sono, non a distanza.

Purtroppo sia nella prima che nella seconda ondata i sindaci, che per ordinamento devono tutelare salute e sicurezza nei comuni, sono stati ignorati e, nella stragrande maggioranza, purtroppo, hanno approfittato dell’alibi (c’è qualcun altro che ci pensa).

E qui salta fuori il secondo elemento, la seconda variabile del nostro pensiero laterale: il Baricentro.

Il Baricentro della crisi è rappresentato dalle ASL italiane, famose ovunque nel mondo per la loro assoluta preparazione in materia di gestione delle emergenze, la loro dimestichezza nel trattare e (soprattutto) condividere i dati, nella loro enorme capacità previsionale e nella gestione trasparente e lungimirante delle risorse di cui dispongono.

Chi, meglio delle ASL, può fornire dati attendibili (cfr mozioni soprariportate), chi meglio delle ASL, può fare monitoraggio? Chi, meglio delle ASL, dispone di procedure snelle e non burocratizzate per supportare i cittadini? Chi, meglio delle ASL, può dialogare efficacemente con le Prefetture ed i Sindaci?

Proprio per questo alla fine della prima ondata, con un DPCM, il Baricentro è stato confermato sulle ASL, l’istituzione che, forte dell’enorme successo durante la prima ondata e del suo ruolo nel nostro ordinamento, avrebbe dovuto traghettarci fuori dal guado.

Durante la seconda ondata, proprio perché nulla è cambiato rispetto alla prima in Italia e nel mondo (tranne qualche eccezione), la luce in fondo al tunnel, accesa con sapienza da mesi, era, ed è, il vaccino.

Il vaccino è servito per placare gli animi di chi (stranamente) non accettava che l’Italia ancora non avesse trovato un percorso d’uscita dalla crisi.

Grazie al vaccino la resilienza del sistema veniva migliorata senza alcun intervento strutturale.

Grazie al vaccino tutto sarebbe stato dimenticato.

Grazie al vaccino avremmo voltato pagina e saremmo stati più ricchi di prima.

Ed è a questo punto che la combinazione fra ciclo dell’emergenza e baricentro improvvisamente accende una lampadina che via via diventa più luminosa e brillante.

Forse il baricentro fino ad oggi era sbagliato… e va ricollocato.

Forse il ciclo adottato era giusto ma le azioni andavano riviste e, come accade nelle Organizzazioni serie in cui ci sono centinaia di esperti coordinati da centinaia di strateghi ecco materializzato il sogno che noi Security-Risk-Disaster Manager facciamo e che si intitola “Imagine”, come la canzone di John Lennon.

Immagina se, benché pochi lo abbiano fatto sino ad oggi, i sindaci si ricordassero del TUEL e assolvessero con fermezza e un pizzico di grinta al loro ruolo di garanti della sicurezza e della salute e cominciassero a coordinare i Centri Operativi Comunali, si coordinassero fra loro e con i Prefetti, condividendo realmente strategie e risorse, scoprendo di avere autorevolezza e di non essere l’ultima ruota del carro.

Immagina se le ASL dessero dati consistenti ed attendibili in tutta Italia e nello stesso modo a tutti i Sindaci, per cui una quarantena è una quarantena sia a Milano che a Reggio Calabria e un tampone positivo è uguale per tutti e non “lievemente positivo”, “rivedibile”, “non certo”, non caso e l’isolamento durasse ovunque lo stesso numero di giorni ed avesse il significato previsto dalla legge e non si mescolasse con le quarantene che sono tutt’altro. I cluster verrebbero da soli e non ci sarebbe più chi dice “siamo travolti”.

Immagina se i Centri Operativi Comunali facessero monitoraggio sul rispetto degli isolamenti e delle quarantene (tramite le Polizie Locali), partendo da dati aggiornati e consistenti e supportassero la popolazione (tramite la Croce Rossa ed il Volontariato), forti di informazioni attendibili.

Immagina, soprattutto, se i Medici di Famiglia collaborassero fra loro e col COC e attuassero dei protocolli confrontandosi e migliorandoli di volta in volta, parlando con la CRI o i Volontari e pianificando interventi di supporto laddove ci sono persone sole o spaventate (e chi non lo sarebbe?)

Immagina, infine, se riuscissimo a combattere la guerra col virus non più in modo asimmetrico (ha già fatto vedere che vince lui) ma simmetrico, casa per casa, comune per comune, famiglia per famiglia, chiedendo aiuto agli ospedali solo quando realmente necessario.

Ma tutto questo è pensiero laterale, applicazione delle norme, utilizzo dell’esperienza, tutte cose che, in un’emergenza complessa come questa, servono a poco, tutto va centralizzato altrimenti ne verremo fuori troppo presto ed impareremmo di nuovo ad essere comunità pensante e resiliente che condivide valori di solidarietà e si rende conto che il ritorno alla normalità è veramente a portata di mano se tutti adottiamo comportamenti responsabili e applichiamo le normative. .

[1] https://www.affaritaliani.it/puglia/gestione-covid-fratelli-italia-una-mozione-per-commissariare-la-puglia-710509.html

[2] https://www.repubblica.it/cronaca/2020/12/19/news/se_un_virus_piu_contagioso_ha_alimentato_la_seconda_ondata_la_variante_inglese_potrebbe_mettere_a_rischi_i_vaccini-279085254/?ref=RHTP-BH-I278887413-P1-S6-T1

 

Articolo a cura di Francesco Maria Ermani

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