Sicurezza e cambiamento climatico: l’approccio della NATO ad una sfida alla sicurezza globale

Poiché la nostra società si basa su determinate condizioni ambientali, ci si aspetta che un radicale cambiamento climatico, capace di alterare tali condizioni, possa impattare pesantemente sulla vita umana, sulla società intera, nonché globalmente sugli aspetti della sicurezza ad esso correlati; comprendere la complessità delle interazioni tra i fattori di stress climatico, i conseguenti impatti e le strategie di risposta, è l’elemento cruciale per un assessment delle possibili implicazioni in termini di sicurezza e di conflitto.

Il sistema del nostro pianeta è formato da tre sottosistemi tra di loro complementari, ovvero il clima, la natura e l’essere umano; ognuno di loro influenza gli altri sia direttamente che indirettamente, formando un unico sistema complesso, denominato socio-ambientale, caratterizzato da un’elevata incertezza.

Per questa ragione è essenziale considerare la relazione esistente tra clima e sicurezza poiché, esistendo un solo sistema climatico, il verificarsi di problemi ad esso connessi potrebbe generare pesanti ripercussioni a livello internazionale, trascendendo in brevissimo tempo la distanza tra il luogo d’origine e quello oggetto d’influenza.

Pur trattandosi di un fenomeno naturale, il riscaldamento globale riceve un notevole impulso da parte delle attività antropiche, col risultato di indurre cambiamenti climatici in molte parti del mondo; le principali conseguenze sono l’innalzamento del livello dei mari, lunghi periodi siccitosi, inondazioni di notevole magnitudo, eventi meteorologici estremi, degradazione degli ecosistemi, minor produzione di alimenti, perdita di biodiversità e il diffondersi di malattie.

A detta dell’I.P.C.C. – Intergovernmental Panel on Climate Change, i costi di carattere economico, sociale e connessi alla sicurezza, in seguito ad eventi meteorologici estremi, sono destinati ad avere un notevole incremento, e gli impatti del cambiamento climatico “si diffonderanno dalle aree e dai settori direttamente impattati ad altrettanti contesti attraverso complessi ed estesi collegamenti”.

Ci attendono seri rischi associati a questo cambiamento, capaci di danneggiare pesantemente e globalmente le condizioni di vita delle persone: i sistemi cosiddetti fragili o vulnerabili sono tanti, tra cui ad esempio le risorse idriche, l’agricoltura, le foreste, la salute delle persone, il comparto energetico e l’economia.

Anche la NATO, col suo Concetto strategico per la Difesa e la Sicurezza, ammette che il cambiamento climatico rappresenti uno dei fattori che plasmeranno il futuro scenario della Security, in quanto connotato da una potenziale e notevole capacità di destabilizzare sia i singoli che le Organizzazioni, non solo dal punto di vista della pianificazione ma anche dell’operatività; collaborazione, coordinamento, prevenzione, mitigazione e resilienza, rappresentano parole chiave per la futura sopravvivenza del genere umano nonché dell’intero pianeta.

Nel processo di sviluppo del succitato Concetto strategico, il Segretario Generale della NATO è stato assistito da un gruppo di specialisti i quali hanno preparato analisi e redatto una serie di raccomandazioni, mettendo particolare enfasi sulle caratteristiche di non-convenzionalità delle future minacce in ambito Security & Defence; notevole attenzione è stata posta proprio sugli aspetti climatici, criticità “relativamente” emergenti nonché potenziali boosters per future crisi globali.

La NATO, in quanto Organizzazione di matrice sia politica che militare, non si trova ad essere un attore primario in relazione alle policies per il contenimento delle dinamiche di mutazione climatica; gli sforzi, pertanto, sono stati principalmente fatti per raggiungere e mantenere una consapevolezza di base sul tema, sponsorizzare e condividere eventi, nonché fornire assistenza alle Nazioni firmatarie.

Nell’ultimo decennio sono state profuse parecchie energie nell’esaminare gli impatti, sia diretti che consequenziali, del cambiamento climatico sullo scenario della Security, ove la NATO riconosce esservi presente una palese e indiretta influenza; la Comunità internazionale della Security sta diventando sempre più consapevole della necessità di dover anticipare e gestire l’insorgenza di criticità collegate al clima, nonché di capire quali saranno le ricadute in termini organizzativi sia a livello nazionale che continentale.

Questa la dichiarazione ufficiale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord: “As an Alliance, NATO does not have a formal role in regulating the greenhouse gas emissions that experts believe lead to global warming. NATO could, however, be called upon to help cope with security challenges stemming from such consequences of climate change as a melting polar ice cap or an increase in catastrophic storms and other natural disasters. The Alliance should keep this possibility in mind when preparing for future contingencies”.

Il particolare expertise nel campo dei cambiamenti climatici di Anders Rasmussen e Jens Stoltenberg rappresenta una forte posizione della NATO nei confronti dell’importanza dell’argomento; A. Rasmussen iniziò, infatti, ospitando in Danimarca la quindicesima Conference of the Parties to UNFCCCUnited Nations Framework Convention on Climate Change (COP15) e la quinta sessione del Meeting of the Parties to the Kyoto Protocol (COP15/MOP5), mentre J. Stoltenberg è stato per lungo tempo un Delegato speciale delle Nazioni Unite per il clima.

Oltre a questo, va ricordato che tutti i ventinove Paesi membri della NATO sono altresì membri dell’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change, attori proattivi di considerazioni costruttive sulle implicazioni del cambiamento climatico con la sfera della Security a livello globale.

La NATO si dedica al cambiamento climatico, ai suoi impatti e alla sua influenza sui futuri scenari di sicurezza globali, attraverso il proprio programma denominato Long-Term Military Transformation, ed è compito dell’ACT – Allied Command Transformation anticipare i tempi preparandosi ad un futuro così ambiguo, complesso e caratterizzato da cambiamenti repentini; il programma è costituito da due componenti, SFA e FFAO, rispettivamente Strategic Foresight Analysis, e Framework for Future Alliance Operations.

La SFA ha il compito di descrivere i trends futuri, la difesa e le implicazioni per la sicurezza, definendo come il cambiamento climatico stia attirando su di sé un’attenzione internazionale senza precedenti, poiché gli impatti generati interesserebbero pressoché tutti gli ambiti, rischiando di pregiudicare la vita a livello globale.

La FFAO è chiamata a descrivere lo sviluppo del futuro contesto della Security e delle situazioni d’instabilità, causate da evidenti effetti maggiormente pervasivi che in passato; tali situazioni dipendono infatti strettamente dal cambiamento climatico, il quale con molta probabilità darà un impulso ai disastri naturali sia dal punto della frequenza che degli impatti.

Dopo aver analizzato i reports, sia di SFA che di FFAO, la conclusione è stata che le maggiori preoccupazioni deriveranno dalle peggiorate condizioni di sicurezza a seguito del disagio sociale indotto dal cambiamento climatico, aspetto che va ben oltre la fisicità di un danno generato a uno specifico contesto.

Le potenziali conseguenze dell’impatto di questo peggioramento delle condizioni di sicurezza – che, ricordiamo, appartenere alla scala dei bisogni caratterizzanti la nota piramide di Maslow – dipendono dalla natura dell’impatto, dalla tipologia di evento climatico e, aspetto primario tutt’altro che trascurabile, dal livello di resilienza del target; è per questo motivo che i conflitti e gli eventi maggiormente severi sono attesi nei Paesi più poveri e, quindi, più vulnerabili.

I contesti caratterizzati da elevati livelli di welfare non sono certo da considerarsi immuni da ciò, poiché a causa del sistema globalizzato nel quale stiamo vivendo, gli impatti indiretti e consequenziali riescono a trasmettersi non solo in breve tempo ma anche su vasta scala (l’esempio di quanto accaduto ed in accadimento con la recente pandemia ne costituisce un esempio mirabile).

L’approccio omnicomprensivo è fondamentale e necessario per far fronte alle future sfide al comparto Sicurezza & Difesa, ove la linea di confine tra minacce di natura militare e non tenderà a diventare sempre più confusa e indistinta; il cambiamento climatico è stato definito infatti come quell’insieme di minacce che attraverserà trasversalmente sia la sfera civile che quella militare, caratterizzando il cosiddetto panorama di nuove minacce unitamente a sicurezza energetica, cybersecurity e conflittualità asimmetrica di matrice terroristica.

Per questo motivo si ritiene che la cooperazione tra mondo civile e militare sia alla base della gestione delle sfide lanciate dal cambiamento climatico, come sottolineato dalle parole dell’attuale Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg: “NATO is a military alliance, so NATO doesn’t have the tools to address climate change. Having said that, climate change is important for our security, meaning that climate change will most likely lead to that people will start to move, it may lead to new conflicts about water, about agriculture, and it may also, you know, change for instance transport routes. (…) So, climate change has security consequences and NATO has recognised that in what we call the Strategic Concept. (…) It’s important that NATO Allies engage in that, but it’s not for NATO to in a way develop windmills or clean energy, because we have other institutions and organisations for that”.

Le implicazioni alla sicurezza generate dalle problematiche di natura ambientale, aspetti critici per leaders politici e cosiddetti decision-makers, appartengono a un’area nella quale è auspicabile che l’Alleanza reciti un ruolo assoluto di pilastro fondamentale.

Per salvaguardare la pace e la sicurezza, la priorità sarà senz’altro quella di essere precisi quanto necessario nel trovare un punto d’intersezione tra quali forze debbano essere presenti, quali debbano agire e quali caratteristiche abbiano i nuovi scenari della sicurezza relativamente alle conseguenze generate nella società, ovvero conflitti, malcontento e instabilità, povertà, flussi migratori, nonché la codipendenza e il collasso di realtà statuali.

 

Articolo a cura di Stefano Scaini e Ralitsa Bakalova

Profilo Autore

Stefano Scaini opera nei settori Security e Safety dal 1993 fornendo servizi, consulenze e contributi didattici in merito a sicurezza, tecnologie ed applicazioni sia civili che militari, con particolare riferimento agli aspetti dual-use e quanto afferente ai settori Sicurezza, Protezione e Difesa di assets critici. Certificato Professionista della Security di III livello - Senior Security Manager in conformità alla norma UNI 10459:2017, è altresì certificato con merito al livello AMBCI presso The Business Continuity Institute. Certificato P.F.S.O., C.S.E., R.S.P.P., Covid Manager, Tecnico Ambientale e Coordinatore 257/'92, è in possesso dal 1996 dell'idoneità tecnica all’impiego di materiali esplodenti (ai sensi dell’Art. 27 del D.P.R. n°302/'56) ed iscritto al Ruolo dei Periti e degli Esperti della CCIAA di Parma nella Categoria CHIMICA-Esplosivi.

Profilo Autore

Ralitsa Bakalova si è laureata all’Università di Sofia presso la Facoltà di Fisica, ove ha conseguito un Master in Meteorologia acquisendo successivamente una notevole esperienza in Computer modelling presso l’Accademia delle Scienze della Bulgaria. Ricercatrice nell’ambito degli eventi meteorologici estremi, del cambiamento climatico e dello sviluppo di modelli previsionali, sta conseguendo il PhD presso il National Defence College di Sofia. Docente presso il NATO CMDR COE – Crisis Management and Disaster Response Centre of Excellence, è attualmente Ufficiale meteorologo presso il Centro Meteorologico dell’Aeronautica Militare della Bulgaria.

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