Il concetto di terrorismo è spesso accompagnato da altri importanti concetti che si sovrappongono, si aggiungono, si integrano per concorrere a definire il tema più generale della violenza politica. Al di là delle specifiche definizioni esistenti di questi due concetti [1,2], i termini che ricorrono più frequentemente – assieme o affianco – alle parole terrorismo e violenza politica sono:
In questo articolo si fornisce, con lo scopo di razionalizzare lo scenario con la finalità di svolgere successivamente analisi sulla prevenzione e sul contrasto efficace dei complessi fenomeni del terrorismo, della violenza politica e dell’eversione, un sintetico inquadramento di questi termini, in alcuni casi affini tra loro, ma sostanzialmente diversi nel significato. L’analisi e l’inquadramento qui presentati non hanno l’ambizione di essere né totalmente esaustivi né rigidamente rigorosi, ma intendono fornire una comprensione sistemica e logica dei temi trattati, con lo scopo di fornire ausilio a chi affronta aspetti tecnico-amministrativi legati a queste tematiche complesse.
Con il concetto estremamente ampio di violenza politica, sintetizzando le definizioni di diversi studiosi [2,3,7], possiamo intendere in questa analisi delle azioni – di grande impatto fisico e/o psicologico e che infliggono gravi danni – perpetrate da individui singoli, gruppi di persone o Stati al fine di raggiungere degli obiettivi politici in un territorio (tipicamente uno Stato) governato da un sistema politico che si ritiene avversario, nemico, da combattere e modificare in qualche sua forma.
La violenza politica nasce, nella maggior parte dei casi, da situazioni in cui l’attaccante percepisce non percorribile la via politica ordinaria – regolata dalle leggi dell’istituzione o dello Stato contro cui si dirige l’azione – per raggiungere i cambiamenti che egli vorrebbe vedere realizzati.
In ragione di questa percezione di non percorribilità della via legale, lo strumento della violenza viene non solo giustificato ma inteso come indispensabile per il raggiungimento del fine politico in gioco, conducendo, ad esempio, alla scelta dell’azione terroristica per imporre il cambiamento.
Se quanto sopra discusso è uno dei punti vista da cui partire nell’analisi del concetto di violenza politica, non possiamo non considerare un secondo punto di vista, per certi versi opposto, in cui è uno Stato stesso a scegliere in modo deliberato di adottare sul territorio che governa la violenza politica come strumento per intimidire e condizionare la popolazione, fino a raggiungere il totale controllo – attraverso degli atti di violenza o la minaccia al ricorso della violenza – della vita politica e sociale della comunità governata.
Un terzo punto di vista – che si presenta sovente negli accadimenti della storia – è quello della violenza politica perpetrata da apparati dello Stato – ad esempio gruppi militari o paramilitari – che realizzano un colpo di Stato (anche detto golpe) e utilizzano la violenza politica come strumento di eversione e successivo controllo sia degli avversari destituiti sia della popolazione contraria al cambiamento imposto.
Un quarto punto di vista – presentato per terminare questa rapida introduzione, ma non certo esaustivo dell’analisi – è quello di uno Stato che utilizza la violenza per difendersi da una invasione di uno Stato ostile o dalla minaccia di gruppi clandestini o non clandestini di tipo paramilitare, che ambiscono a prendere il potere in sostituzione dell’autorità costituita in quel territorio. In questo caso la violenza è praticata in modo selettivo, dallo Stato attaccato, contro il nemico, nel tentativo di salvaguardare il resto della popolazione, i cosiddetti civili, dagli effetti della violenza stessa.
Come si vede già dalla sintetica analisi introduttiva, la violenza politica – che contiene al suo interno il concetto di terrorismo – può assumere di principio un numero di forme molto diversificate, a seconda del contesto in cui si applica e dei soggetti che la praticano.
Nel seguito analizzeremo, sempre in modo sintetico ma al contempo scendendo ad un dettaglio maggiore rispetto a questa introduzione, le diverse tipologie di violenza politica partendo da una ripartizione concettuale legata ai soggetti che la praticano, con una tassonomia sistemica rappresentata nella fig.1.
In questo caso di violenza politica si esprime tra individui e/o gruppi contrapposti, senza un ruolo attivo nel conflitto svolto dalle forze di polizia e di sicurezza dello Stato in cui il contrasto si presenta. Per essere sintetici possiamo indicare, come mostrato in fig.2, tre forme tipiche di conflitto:
Va qui specificato a riguardo dell’ultimo punto che i risultati ottenuti anche dalla scienza in campo genetico hanno confermato l’infondatezza di teorie basate sulla ripartizione in razze della specie umana. Inoltre, nelle trattazioni giuridiche internazionali già dalla metà del ‘900 il concetto di razza è stato sostituito da quello di gruppo etnico, eliminando anche a livello di dichiarazioni delle Nazioni Unite qualsiasi discriminazione basata sul concetto di razza [4]. In ogni caso, per le finalità estremamente pragmatiche della trattazione in corso, alla luce della storia e dei conflitti anche oggi in atto, si è preferito mantenere nella classificazione proposta l’accento sul concetto prevalente che genera la contrapposizione violenta, riferendosi al concetto di etnia per le caratteristiche del linguaggio e della cultura, al concetto di razza per quello delle caratteristiche fisiche esterne immediatamente percepite e al concetto di religione per quello delle diverse fedi esistenti.
In questa tipologia di violenza politica, che si scatena da parte di organizzazioni di individui contro uno Stato, si inserisce in modo centrale il concetto di terrorismo, così come definito e inteso nelle principali scuole di pensiero giuridico [3]. Una definizione di terrorismo può essere espressa, alla luce delle riflessioni svolte dall’autore in [1], come:
l’uso o la minaccia dell’uso della violenza e di comportamenti illegali – contro i civili, i beni, le infrastrutture critiche/servizi essenziali e le istituzioni di uno Stato – attuato da individui o gruppi di individui che agiscono in clandestinità nel tentativo di impaurire la popolazione e di condizionare le scelte di governi e istituzioni per il raggiungimento di obiettivi politici, religiosi o ideologici.
Oltre al concetto di terrorismo, in questa tipologia di violenza politica si possono annoverare anche altri importanti concetti (vedi fig.3) quali:
Questa tipologia di violenza politica è posta in essere dallo Stato stesso sulla popolazione governata. Si esprime in forme diverse (vedi fig.4) che sono di solito indicate come:
In questa quarta tipologia di violenza politica si inseriscono (vedi fig.5) i concetti di:
Nella trattazione precedente è ricorso sovente il termine eversione: questo termine si presenta trasversalmente in diversi punti fondamentali dell’inquadramento.
Il dizionario Treccani definisce l’eversione come ‘rovesciamento, sconvolgimento del potere costituito anche attraverso atti rivoluzionari o terroristici’, con la radice del termine derivante dal verbo latino everto (evertere) che vuol dire rovesciare, distruggere, sovvertire.
Altrettanto incisivi, in riferimento al tema della violenza politica, si mostrano per il significato di eversione due vocabolari di lingua inglese:
Nell’ambito di istituzioni internazionali, il concetto di eversione viene definito in modo più specifico. Per esempio, in ambito NATO l’eversione è definita [5] come una ‘action designed to weaken the military, economic or political strength of a nation by undermining the morale, loyalty or reliability of its citizens’ (un’azione progettata per indebolire la forza politica, economica o militare di una nazione attraverso l’indebolimento del morale, dell’attaccamento e della credibilità dei suoi cittadini). Ancora più specifica, per alcuni aspetti, la definizione assunta dal DoD (Department of Defence) USA in cui l’eversione è descritta [6] come ‘actions designed to undermine the military, economic, psychological, or political strength or morale of a governing authority‘ (azioni progettate per indebolire il Governo in ambito militare, economico, psicologico, o nella forza politica e nel morale).
L’eversione di un Governo e, più in generale, la presa del controllo di uno Stato costituiscono, per molti dei termini discussi in precedenza, gli scopi finali fondamentali che giustificano il ricorso alla violenza politica.
Nel dettaglio, possiamo affermare che, ad una prima analisi, si pongono finalità eversive:
Questo elenco mostra il legame che, attraverso la comune finalità eversiva, si può evidenziare per molti dei concetti analizzati in questo articolo, tutti a loro volta riconducibili al più generico concetto di violenza politica.
Fatti di cronaca legati ai concetti di terrorismo, violenza politica ed eversione riempiono, purtroppo, quasi quotidianamente i giornali e i media di informazione. In questo articolo si è illustrato un sintetico inquadramento di questi concetti con lo scopo di fornire ausilio a chi affronta nella sua attività professionale aspetti legati a queste tematiche. L’inquadramento qui presentato, in particolare per il più ampio concetto della violenza politica, pur non avendo l’ambizione di essere totalmente esaustivo né rigidamente rigoroso, fornisce una comprensione sistemica e logica delle terminologie adottate, riassunta graficamente nella fig.6.
[1] Carbonelli, M., 2018, ‘Terrorismo: dalle definizioni internazionali alle condotte di reato’, Safety & Security Magazine, https://www.safetysecuritymagazine.com/articoli/terrorismo-dalle-definizioni-internazionali-alle-condotte-di-reato/
[2] Schmid, A. P, 2011, ‘The Routledge Handbook of Terrorism Research’, Chapter 3 “Typologies of terrorism and political violence”, RL Taylor & Francis Group, London New York
[3] Matusitz, J., 2012, ‘Terrorism and Communication: A Critical Introduction’, Editor: SAGE Publications, Inc.
[4] Conferenza Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, Dichiarazione sulla razza e i pregiudizi razziali, Parigi, 1978, http://www.uniroma2.it/didattica/ped_int/deposito/DICH_RAZZA_PREGIUDIZI_RAZZI.doc
[5] NATO “NATO Glossary of Terms and Definitions’, AAP-06, ed. 2014, http://wcnjk.wp.mil.pl/plik/file/N_20130808_AAP6EN.pdf
[6] US Department of Defence – DoD, 2017, ‘DOD Dictionary of Military and Associated Terms’ http://www.jcs.mil/Portals/36/Documents/Doctrine/pubs/dictionary.pdf , (p.221)
[7] Della Porta, D., 1995, ‘Social Movements, Political Violence, and the State: A Comparative Analysis of Italy and Germany’, Cambridge University Press, pp.2-5.
A cura di: Marco Carbonelli
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