OSINT e App: strumenti di supporto alla sicurezza urbana

Negli ultimi 15 anni, il tema della sicurezza urbana ha assunto un ruolo sempre più rilevante comparendo esplicitamente nei programmi politici di governo delle città, ritagliandosi spazio tra le notizie di cronaca locale, fino a divenire oggetto di studio all’interno di corsi universitari.

Nonostante si tratti di un termine coniato in tempi relativamente recenti, l’interesse, a volte inconscio, del cittadino nel preservare e promuovere la sicurezza urbana è probabilmente un intento ben radicato in ciascuno di noi.

Nell’arco della nostra vita non perdiamo mai interesse per gli eventi che ci circondano. In giovane età siamo incredibilmente suscettibili al fascino del giovane detective, poi, con il passare degli anni, meglio di qualsiasi telecamera o microfono, persone non più in età lavorativa, da panchine o finestre, captano qualsiasi genere d’informazione e sorvegliano i movimenti del classico “ultimo arrivato” nel quartiere. La realtà è che la sicurezza dell’ambiente che ci circonda, il quartiere, quello in cui passiamo la maggior parte della nostra giornata, non può che starci a cuore.

Una svolta concreta verso il riconoscimento di una nuova prospettiva locale del tema della sicurezza arriva nella prima metà del 2017 con la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città” (in G.U. 21/04/2017, n. 93). L’obiettivo principale del provvedimento consiste nel potenziare il coinvolgimento degli enti territoriali nel contrastare il degrado urbano, attraverso un approccio integrato con le forze di polizia. Con l’intento di incentivare una politica di promozione della sicurezza territoriale locale, il decreto apre al coinvolgimento di gestori di edilizia residenziale, amministratori di condomìni, consorzi o comitati di professionisti e residenti, nel processo di sorveglianza e monitoraggio del vicinato.

Il provvedimento è perfettamente in linea con il quadro europeo in materia di controllo del vicinato che nel 2014 ha visto l’istituzione dell’European Neighbourhood Watch Association, la quale promuove la cooperazione dei cittadini nel contrasto al degrado urbano. Tra il 2018 e il 2019, anche in Italia, vengono costituite associazioni nazionali di controllo di vicinato che si prefiggono l’obiettivo di dare visibilità alle realtà di controllo promosse spontaneamente dai cittadini. L’organizzazione nazionale passa attraverso la condivisione delle best practices collaudate negli anni e la promozione di corsi di formazione su argomenti inerenti alla prevenzione passiva e l’adozione di strumenti informatici per l’analisi statistica e geo-referenziata dei reati commessi nel proprio territorio.

L’asset organizzativo di una realtà territoriale, come quella formata da cittadini volontari cooperanti, è chiaramente basato sulla condivisione dei dati come mezzo per un contrasto passivo alla criminalità e al degrado urbano. Il rapido scambio di informazioni è il vero motore della macchina dei “detective di quartiere” che scoraggia, anche solo attraverso la presenza sul territorio, fenomeni criminali locali.

Sono diversi i gruppi istituiti sui canali social utilizzati per organizzare le attività dei volontari e per segnalare la presenza di criticità sul territorio. L’unica effettiva falla nel sistema è proprio nella condivisione dei dati, che spesso restano fruibili solo da pochi utenti. È così che la segnalazione di un tentato furto in appartamento o un’aggressione in strada restano informazioni condivise su un canale social che coinvolge un ristretto gruppo di utenti residenti intorno il luogo sede dell’evento. Un altro fattore che non favorisce la condivisione dei dati è l’assenza di un format comune per la memorizzazione delle informazioni che si limitano ad una breve cronaca condivisa sul canale di riferimento del gruppo di volontari.

Attualmente, il processo di innovazione tecnologica e la ricerca scientifica mettono a disposizione strumenti che non solo possono colmare le attuali lacune in tema di gestione e comunicazione delle informazioni, ma possono anche fornire un’analisi predittiva dell’evoluzione dei fenomeni di interesse.

Oltre all’adozione di un’infrastruttura informatica organizzata che permetta l’inserimento dei dati con un format predefinito, un primo supporto al meticoloso lavoro dei gruppi di volontari, potrebbe arrivare dall’Open Source Intelligence (OSINT) e dall’applicazione di algoritmi di Machine Learning. Si pensi alla mole di informazioni ricavabili da articoli di cronaca pubblicati sui siti dei giornali locali. L’analisi di tali fonti, che inizialmente rappresentano un dato non strutturato e, quindi, inutilizzabile, può portare alla classificazione delle informazioni contenute nel testo, attivando un processo di strutturazione dell’informazione che la rende utilizzabile e facilmente accessibile. Poter analizzare gli archivi delle testate dei giornali locali rappresenterebbe un ottimo punto di partenza per realizzare una base di dati a supporto dello studio dei fenomeni di degrado urbano.

È importante sottolineare come tale processo di acquisizione e integrazione delle informazioni, fondato sull’acquisizione di articoli di cronaca o segnalazioni dei cittadini, possa essere gestito attraverso politiche in linea con il quadro normativo a tutela della riservatezza dei dati personali. Ciò risulta possibile grazie alla disponibilità di procedure automatiche in grado di rilevare la presenza di dati sensibili, sia all’interno di contenuti multimediali che testuali, al fine di eliminare tali informazioni dalle fonti.

Un altro contributo, che la ricerca scientifica può apportare come strumento di supporto a chi si occupa in maniera attiva o passiva di preservare la sicurezza urbana, consiste nella definizione di modelli di evoluzione dei fenomeni di interesse sul territorio. La realizzazione di un modello logico/matematico, attraverso lo studio delle serie storiche, permetterebbe di analizzare come evolvono le “dinamiche criminali” nel tempo, permettendo alle autorità locali e ai gruppi volontari di organizzare le proprie attività con unottica predittiva del fenomeno da contrastare. La presenza di un modello di evoluzione dei fenomeni aprirebbe anche alla possibilità di ottimizzare gli sforzi di mitigazione e favorirebbe un’analisi dell’efficacia degli strumenti di contrasto adottati. I risultati attesi dalla realizzazione dei modelli permetterebbero anche di supportare e valutare quanto proposto dai principi CPTED (Crime Prevention Through Environmental Design), che promuovono un approccio multidisciplinare, in fase di design degli spazi pubblici, che mira a scoraggiare attività criminali. Tale approccio incentiva, ad esempio, la progettazione di strade per incrementare il traffico ciclopedonale, il posizionamento delle finestre delle abitazioni su marciapiedi e parcheggi, l’installazione di una illuminazione adeguata al fine di aumentare la visibilità dei volti in aree critiche come fermate dell’autobus, parcheggi ed ATM.

In conclusione, il progresso tecnologico e la ricerca scientifica, fornendo infrastrutture e metodologie, possono realizzare tutti gli strumenti utili a ottimizzare lo sforzo che i cittadini compiono giornalmente per incrementare la sicurezza urbana, oltre a guidare e valutare le innovative metodologie di design degli spazi pubblici. Infine, lo sviluppo di un collettore di informazioni condivise deve anche essere inteso come l’opportunità di realizzazione di un canale diretto per le comunicazioni tra ente territoriale e cittadino; un canale sicuro ed affidabile di fondamentale importanza per fronteggiare situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo.

 

Articolo a cura di Luca Faramondi, Luigi Gravina e Marco Santarelli

Profilo Autore

Luca Faramondi ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Ingegneria Informatica ed Automazione nel 2016 presso l’Università degli studi Roma Tre. L’attività di ricerca riguarda gli aspetti metodologici e le tecnologie applicative per lo sviluppo di algoritmi di localizzazione, la protezione cyber e fisica delle infrastrutture critiche, l’identificazione delle vulnerabilità e la definizione di strategie difensive per sistemi distribuiti. Dal 2017 è membro dell’IEEE SMC Technical Committee on Homeland Security. Attualmente ricopre il ruolo di assegnista di ricerca presso il laboratorio di Automatica della facoltà dipartimentale di Ingegneria dell’Università Campus Bio-Medico di Roma dove è docente del corso di Domotica e Supervisione di Impianti per l’a.a. 2019/20.

Profilo Autore

Luigi Gravina, laureatosi in Giurisprudenza e in Scienze Politiche presso l’Università Federico II di Napoli, svolge la professione di avvocato esperto di economia internazionale.
In passato ha ricoperto la carica di funzionario presso Ministero del Tesoro e di consigliere di prefettura.
Dal 2003 al 2011, ha ricoperto il ruolo di Consigliere di Amministrazione e Vicepresidente dell’AIFO occupandosi di progetti di riqualificazione delle strutture sanitarie e di autosviluppo locale attraverso la modalità del fondo rotatorio per il microcredito in Brasile, Mozambico, Congo, Vietnam, Mongolia e India partecipando attivamente al World Social Forum di Porto Allegre in Brasile.

Profilo Autore

Marco Santarelli, Capo Dipartimento Scienze dell'Uomo e Sociali, Responsabile IC2 Lab - Laboratorio Intelligence, Complexity and Communication, Presidente Commissione Ricerca e Docente di Design Management (Security by Design), Membro del Comitato Scientifico, Artistico Socioculturale e Dipartimentale per la Cibernetica e Responsabile progetti di ricerca CNR-ISC - Poliarte, in ambito della complessità applicata all'ingegneria e alle scienze sociali con tematiche su infrastrutture critiche e dei big data in Poliarte - Politecnico delle Arti Applicate all'Impresa. Network Analysis, Humint and Intelligence Predictive for Global Defence e Chair Critical Infrastructures Conference.

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