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Le insicurezze ignorate

Premessa

Questo articolo sintetizza dieci anni di ricerche a livello internazionale e nazionale: vedi in nota i principali riferimenti a libri e articoli già pubblicati[1].

Da sempre ci sono delle insicurezze che sistematicamente vengono trascurate o totalmente ignorate da parte di tutti i governi e dalle amministrazioni locali. Questa negligenza appare ancora più vistosa, in particolare, da oltre trent’anni, cioè da quando nella cosiddetta agenda pubblica si parla molto più di sicurezza e di lotte all’insicurezza e si propone anche la “tolleranza zero”, più repressione e sanzioni e pene sempre più severe.

Ma che ne è di quelle che qui chiamiamo insicurezze ignorate, ossia quelle che colpiscono la stragrande maggioranza della popolazione e sono la causa della maggioranza di decessi?

Si tratta di due principali tipi di insicurezza:

1) quelle derivanti dai rischi di malattie da contaminazioni tossiche che sono appunto la prima causa della mortalità in Italia come nel resto del mondo;

2) quelle derivanti dalla mancanza di tutele effettivamente efficaci nei confronti degli incidenti sul lavoro e di protezioni dei lavoratori alla mercé delle cosiddette economie sommerse (quindi lavoro nero e neo-schiavitù, che producono anche evasione fiscale e contributiva e collusioni con la criminalità, oltre che contaminazioni tossiche).

Cosa fanno le agenzie di prevenzione e controllo, le forze di polizia, le amministrazioni locali e nazionali e la magistratura rispetto a queste insicurezze e quindi per la protezione delle vittime (e fra le vittime, in questo caso, ci sono anche lo Stato e la res publica)? Sì, è vero, sui giornali leggiamo che ogni tanto ci sono operazioni repressive che però svelano solo in piccola parte queste insicurezze e le loro vittime.

Ma come ben sanno tanti operatori delle istituzioni che dovrebbero occuparsi di queste insicurezze come compito prioritario, nella maggioranza dei casi le vittime restano senza tutela e abbandonate a sé stesse. Lo si è visto nelle molteplici occasioni di disastri sanitari-ambientali quando, nell’immediato, tutti i media e tutte le autorità si sono dette commosse e impegnate ma nei fatti le vittime sono rimaste sole, tranne l’aiuto di alcuni operatori che in certi casi ci hanno rimesso la vita (vedi libro Resistenze ai disastri sanitari-ambientali ed economici in Mediterraneo). E lo stesso vale per le vittime di lavoro nero e neo-schiavitù, sia che si tratti di italiani o immigrati. Fra l’altro la perdita per lo Stato è sempre elevatissima, sia per l’ammanco di contributi e tasse dalle economie sommerse – che riguardano oltre il 32% del PIL (come ha stimato anche uno studio della Banca d’Italia) – sia che si tratti di catastrofi sanitarie e ambientali (basti pensare a tutta la sequela di fatti da Seveso all’ACNA di Cencio, alle inondazioni e frane, all’inquinamento devastante dei petrolchimici o agli incendi ed esplosioni in depositi e in fabbriche).

Tutto questo gigantesco scempio di esseri umani, di beni, di mancati introiti dello Stato e delle amministrazioni locali e poi lo spreco di risorse necessario a tamponare i disastri (quasi sempre in maniera insufficiente o a beneficio di alcuni corrotti) si deve a una negligenza che è anche assenza di cultura politica di uno Stato di diritto democratico che dovrebbe mettere al primo posto la tutela della vita dei suoi abitanti. Una negligenza che si alimenta anche con gli illegalismi di massa e gli illegalismi degli attori economici che ne traggono profitto. Ed è questa negligenza che produce distrazione delle istituzioni rispetto a queste insicurezze e distrazione delle forze che vi dovrebbero essere destinate. Invece si sbraita spesso di insicurezze attribuite a devianti, delinquenti o persino immigrati che invece sono vittime sfruttati al nero e non si fa quasi nulla per le bonifiche al fine di prevenire i disastri sanitari ambientali e la riproduzione delle economie sommerse.

Eppure l’esempio di una operatività efficace si conosce ma viene ignorato: è quella che è stata programmata ma solo come azione eccezionale, ossia le operazioni interforze che coinvolgono sia le agenzie di prevenzione e controllo (ispettorati del lavoro, ASL, protezione civile ecc.), tutte le forze di polizia, le amministrazioni locali, la magistratura e anche il volontariato e le vittime stesse che vanno ascoltate come prima fonte di conoscenza. Perché, allora, in ogni prefettura non si programmano continuamente tali operazioni interforze? Perché non si provvede alla tutela delle vittime come compito prioritario pena il reato di omissione di soccorso e omissione di persecuzione di un reato? Perché non si provvede a un programma di bonifica sia dei rischi sanitari e ambientali sia delle economie sommerse? Gli attori economici che ne approfittano sono così potenti da far ignorare le insicurezze che colpiscono la maggioranza della popolazione? Queste sono le questioni che tutti gli operatori delle istituzioni prima citate dovrebbero porre come priorità anziché farsi fuorviare da obiettivi secondari o addirittura falsi come la piccola devianza urbana o l’immigrazione che più spesso è vittima di queste negligenze, insieme a milioni di italiani.

 

Note

[1] In accesso libero:

 

Articolo a cura di Salvatore Palidda

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Salvatore Palidda

prof. Università di Genova Nato in Sicilia (madre insegnante e padre commerciante -emigrato negli Stati Uniti e cittadino statunitense), ho vissuto in Francia dal 1978 al 1992 dove ho compiuto gli studi universitari sino al dottorato e iniziato la mia carriera accademica presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi e come ricercatore straniero associato al CNRS francese. Sono rientrato in Italia nel 1992 prima all’European University Institut, poi a Milano e infine a Genova come professore di sociologia generale, sociologia della devianza e del controllo sociale/ delle polizie e sociologia delle migrazioni. I miei principali campi di studio, ricerca e di attività di consulenza e formazione -seguendo un prospettiva multidisciplinare- sono “military and police affairs”, migrazioni, devianza e criminalità (inclusi mafie, economie sommerse, criminalità economica) e le conseguenze dell’ultima “grande trasformazione”) in particolare riguardo ai rischi sanitari-ambientali ed economici. Ho pubblicato oltre 70 libri e articoli scientifici in inglese, francese e spagnolo e oltre 80 in italiano. Sono stato consulente del Forum Europeo per la Sicurezza Urbana e membro del comitato scientifico del progetto cittàsicure della regione Emilia-Romagna nonché valutatore di progetti per la Commissione europea e alcuni ministeri francesi.

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