Nonostante possa apparire a una prima analisi ridondante, è sempre estremamente utile soffermarsi sul termine “sicurezza” al quale, nella lingua italiana, sottendono svariati significati egregiamente rappresentati dagli omologhi termini appartenenti alla lingua anglosassone; infatti, pur nella semplicità di un termine unico, è noto come esso possa essere declinato, prendendo appunto spunto dalla lingua inglese, in ben cinque aspetti differenti e non, come spesso accade, limitatamente ai termini Safety e Security.
Se per Safety e Security ci riferiamo quotidianamente alla protezione del patrimonio, sia esso tangibile o intangibile, da atti di natura rispettivamente colposa e dolosa, i restanti tre aspetti – ovvero Health, Environment e Audit – vengono purtroppo spesso considerati marginali.
L’aspetto di Health, ovvero la salvaguardia della salute delle persone non limitatamente alla permanenza nei luoghi di lavoro, bensì durante l’intero arco di vita, ha assunto col passare del tempo un’importanza sempre maggiore, correlandosi strettamente all’evoluzione dei nostri stili di vita, della ricerca in campo medico e ad una mutazione incredibilmente rapida di virus e batteri; similmente la componente Environment, rappresentata dalla protezione del sistema ambiente in tutte le sue componenti, rappresenta una delle maggiori criticità evidenziate dalla comunità scientifica internazionale fin dal secolo scorso, in quanto caratterizzata da svariate vulnerabilità alla luce di attività antropiche sempre più impattanti e purtroppo spesso irreversibili.
Infine Audit, ovvero l’attività di sistematica e periodica verifica dei piani e delle procedure di sicurezza, funzionale a constatare il livello di congruità di quanto previsto dal punto di vista documentale con la contingenza di scenari sempre più complessi e caratterizzati spesso da criticità in continua e crescente evoluzione; tutto ciò in un’ottica di ottimizzazione e di miglioramento continuo delle risorse, dei processi e degli standard qualitativi.
Nelle fasi di Crisis Management e Disaster Response, qualora le criticità siano direttamente o indirettamente legate alla presenza, o potenziale tale, di agenti patogeni altamente infettivi, la salute e la sicurezza fisica della totalità degli attori coinvolti rappresenta, in assoluto, la principale priorità; ciò accade sia qualora lo scenario abbia risvolti squisitamente inerenti la Safety, sia che vi siano coinvolgimenti e dinamiche legate ad aspetti di Security.
Il testo di riferimento per l’utilizzo corretto dei DPI in contesti sanitari è il “Safe use of personal protective equipment in the treatment of infectious diseases of high consequence“, edito dall’ECDC – European Centre for Disease Prevention and Control nella versione 2 del dicembre 2014; questo testo ha lo scopo di migliorare le protezioni degli operatori sanitari, siano essi tecnici di laboratorio, operatori socio sanitari, infermieri e medici, nonché di tutti coloro che devono assistere e trattare in qualche modo i pazienti colonizzati da agenti patogeni altamente infettivi.
La metodologia seguita per la sua redazione deriva dall’esperienza della recente epidemia di Ebola, ove le raccomandazioni necessitano di mantenere un attento equilibrio tra ciò che rappresenta lo “stato dell’arte” basato su un approccio scientifico e le necessità di un’emergenza in corso; per questo motivo il testo è stato sviluppato, congiuntamente, da un team dedicato di esperti dell’ECDC, i quali hanno condiviso le proprie competenze nonché la propria esperienza nei campi della formazione, della medicina clinica, del contenimento del contagio e della capacità di risposta.
Il documento presenta un esteso set di DPI, ovvero Dispositivi di Protezione Individuale, conosciuti anche come PPE – Personal Protective Equipment, che può essere usato in un’ampia varietà di impostazioni e combinazioni a seguito di opportune valutazioni rispetto al rischio specifico in essere e al contesto contingente; inoltre, una parte di estremo interesse del testo è la sottolineatura degli errori tipici procedurali e di come evitarli.
Un’efficace protezione personale – e in questo specifico rischio anche collettiva – non dipende solo dai dispositivi stessi, ma dall’esercitazione nell’identificare e gestire le barriere, la disinfezione e la gestione degli incidenti; in particolare, la formazione su queste procedure dovrebbe essere regolare e connotata da un’elevata componente pratica.
Determinare quale sia la zona rossa del trattamento, quella gialla con gradiente (luogo di svestizione) e quella verde (luogo di vestizione), in un modus operandi caratterizzato dalla condivisione delle informazioni con tutto il team, è il passo precedente all’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale.
Dovrebbe sempre essere garantita la presenza di un operatore in qualità di osservatore-formatore, di aiuto non solo nella vestizione e svestizione, ma funzionale all’ulteriore diminuzione del rischio facendo da secondo pilota in una consigliata check-list operativa.
Come accennato in precedenza, il testo “Safe use of personal protective equipment in the treatment of infectious diseases of high consequence” offre numerosi cenni in quanto a considerazioni operative, utili da ricordare e foriere di indubbi spunti di riflessione nell’ottica di un miglioramento continuo; abbiamo ragione di ritenere i seguenti, quali maggiormente degni di nota:
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