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La protezione antiterrorismo dei luoghi di culto

Introduzione

Chiese, moschee, sinagoghe: sono innumerevoli gli spazi (nelle aree urbane ed extra-urbane del nostro territorio nazionale) pubblicamente fruibili per la partecipazione dei fedeli di un credo religioso.

Dal punto di vista della “sicurezza” tali spazi costituiscono inevitabilmente “siti sensibili” per la loro esposizione ad atti di natura terroristica. La ragione è legata alla loro connotazione di profonda espressione di valori religiosi e, spesso, sedi di un patrimonio artistico-culturale di alto valore simbolico e storico.

Abbiamo assistito in questi ultimi anni ad azioni di natura terroristica contro vari luoghi di culto nel mondo. Tali eventi – per i risultati drammatici in termini numerici delle vittime, scelte proprio per la conseguente risonanza mediatica e per la determinata volontà all’annientamento del nemico (radicalismo religioso) – hanno sortito il duplice effetto di pregiudicare in modo grave la serena professione del credo religioso da parte dei fedeli e di creare grave turbamento sociale (a livello globale e non solamente nei luoghi direttamente interessati).

Da un’analisi dei dati relativi a tale tipologia di eventi (su scala mondiale) si evince in modo chiaro che i rischi di attacchi terroristici verso luoghi di culto esistono ovunque e senza una chiara preponderanza di “confessione religiosa” come obiettivo specifico.

Si possono citare, a tal proposito, i recenti attacchi nelle sinagoghe di Pittsburgh (Pennsylvania) e Poway (California), in due moschee a Christchurch (Nuova Zelanda) e in varie chiese cristiane in Burkina Faso.

L’argomento è stato peraltro oggetto di un’importante dichiarazione del 4 febbraio 2019 da parte del Santo Padre (Papa Francesco) e dell’Imam di Al-Azhar (Grande Imam Ahmad Al-Tayeb), pronunciata ad Abu Dhabi in occasione dell’incontro interreligioso sulla “Fratellanza Umana”. Nel documento si riporta esplicitamente che “la protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali” e che “ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale”.

La necessità di esercitare una forte azione di tutela dei luoghi di culto a fronte della minaccia terroristica è stata recentemente espressa dal Rappresentante Permanente della Santa Sede all’ONU (monsignor Bernardito Cleopas Auza) in un suo intervento presso il Palazzo di Vetro: “Un piano d’azione delle Nazioni Unite per salvaguardare i luoghi di culto e altri siti religiosi sarebbe un passo nella giusta direzione. La protezione dei luoghi di culto è una conseguenza diretta della libertà di pensiero, coscienza e religione”.

Lo scopo del presente articolo è pertanto quello di illustrare una metodologia per una corretta gestione dell’attività di valutazione del Rischio Sicurezza nei luoghi di culto, focalizzata su aspetti di protezione fisica contro azioni di natura terroristica e orientata all’implementazione di misure efficaci da parte dei custodi religiosi dei luoghi stessi, in modo “sostenibile” e “complementare” alle attività di tutela già operate dai soggetti istituzionali preposti (FF.OO., FF.AA., prefetture, servizi di informazione, ecc.).

L’approccio seguito è quello di attribuire il compito della valutazione preliminare del “rischio sicurezza da azioni di natura terroristica” al responsabile stesso del sito, che ne conosce profondamente contesto e tipologia di frequentazione, il quale – attraverso uno strumento semplice ed efficace, opportunamente coadiuvato da personale specialistico – possa individuare gli elementi di vulnerabilità e le relative attività di intervento a cura della propria organizzazione interna.

Modello metodologico

La metodologia di seguito illustrata è basata su un documento specifico (“Protocollo per la valutazione del Rischio Sicurezza dei luoghi di culto”), sviluppato a partire da un simile protocollo già applicato da diversi anni per la protezione fisica AS/AT (antisabotaggio/antiterrorismo) di “infrastrutture critiche” e “siti sensibili”.

Le attività di protezione fisica sono applicate al luogo di culto (di seguito “sito”) e a tutti gli elementi ad esso afferenti:

– persone fisiche (religiosi, dipendenti, fedeli, turisti e frequentatori del sito);
– beni strumentali;
– patrimonio artistico e culturale;
– beni intangibili (informazioni, ecc.).

Le attività di valutazione del Rischio Sicurezza comprendono l’analisi dei rischi e la conseguente individuazione delle possibili azioni di mitigazione dei rischi stessi.

Il presente protocollo individua le seguenti figure responsabili per la gestione delle attività:

a) Struttura Responsabile – Struttura organizzativa responsabile del luogo di culto (di seguito, “sito”), preminentemente religiosa o da essa delegata nella conduzione;
b) Gruppo di Valutazione – Gruppo composto da esperti per le attività di Analisi del Rischio designati per le aree professionali di competenza e da un rappresentante della Struttura Responsabile;
c) Pubbliche Autorità – Enti istituzionali esterni preposti (secondo la legislazione nazionale) all’espletamento di compiti di protezione e informazione in via esclusiva e con prerogative funzionali di Pubblica Autorità (Pubblica Sicurezza, Forze Armate, Vigili del Fuoco, ecc.)

La prima fase delle attività prevede la costituzione del “gruppo di valutazione”, composto da un rappresentante – religioso o laico – dell’organizzazione operante nel sito e da uno o più esperti in materia di protezione fisica.

La seconda fase prevede l’acquisizione delle informazioni preliminari. Tali informazioni riguarderanno: descrizione generale e destinazione del sito, descrizione planimetrica, notizie e dati sulla popolazione circostante, vie di collegamento afferenti al sito, principali infrastrutture gravanti sull’area, principali eventi – calamità naturali, incidenti, attentati, sommosse popolari, ecc. – riscontrati nell’area (attività informativa da effettuare in collaborazione con le Pubbliche Autorità), informazioni riguardanti la tipologia delle attività operate nel sito (attività spirituale, di assistenza sociale, di formazione, di carattere aggregativo, ecc.), informazioni riguardanti la consistenza numerica e la tipologia del personale operante nel sito, informazioni riguardanti eventi con rischio di accadimento riferite al sito (ad esempio, segnalazioni di minacce e/o eventi criminosi, rischi di furto di materiale e di informazioni di natura sensibile, ecc.).

La terza fase prevede l’acquisizione delle informazioni di dettaglio, da effettuare unitamente ad un approfondito sopralluogo. Tali informazioni riguarderanno: caratteristiche delle vie di comunicazione (stato generale, capacità di transito per autovetture, camion, pullman, ecc.), modalità di accesso al sito (pedonale, carrabile, controllato, libero, ecc.), caratteristiche dell’ubicazione del sito (posizione isolata o urbanizzata, ecc.), condizioni di delimitazione e di recinzione dell’area, presenza e posizione di aree di parcheggio e di aree di rispetto (sagrati, scalinate, ecc.), condizioni di illuminazione notturna sull’area perimetrale esterna e sulle aree interne, infrastrutture tecnologiche di protezione già installate (telecamere, sistemi di allarme, ecc.), eventuali presidi umani di sorveglianza e controllo accessi (servizio di portineria, custodi, volontari, guide, ecc.).

La quarta fase consiste nell’acquisizione di informazioni riguardanti il patrimonio artistico-culturale (tipologia e dislocazione dei beni ed esistenza del relativo inventario), la presenza saltuaria e/o continuativa di “personale critico” all’interno del sito (personale con responsabilità primarie per le attività del sito), la presenza del pubblico all’interno del sito (orari di apertura/chiusura, aree accessibili/fruibili, ecc.), l’eventuale esistenza di un sistema di gestione della Sicurezza Fisica del sito (procedure scritte e/o prassi).

La quinta fase delle attività prevede la conduzione della cosiddetta “analisi del rischio” attraverso la valutazione della minaccia, della vulnerabilità e del rischio globale (che a sua volta prevede un’analisi accurata di impatto e probabilità per i singoli eventi potenziali).

La “valutazione della minaccia” prevede la seguente classificazione: minacce percepite (possibili, ma senza informazioni precise), minacce diffuse (generiche per la presenza sul territorio di gruppi criminali, per situazioni socio-politiche instabili, ecc.), minacce indirette (rivolte ad altri luoghi di culto ma con possibili ripercussioni sul sito), minacce dirette (rivolte in maniera specifica al sito e/o al personale religioso/civile ivi operante).

La “valutazione della vulnerabilità” è effettuata sulla base di tutte le informazioni precedentemente raccolte e fornisce una visione dei punti di forza e dei punti deboli dei vari dispositivi di sicurezza eventualmente già dispiegati a protezione del sito (inteso come insieme del luogo di culto, del personale religioso e civile ivi operante, del patrimonio artistico-culturale, dei beni strumentali e delle attività operate internamente ed esternamente).

La “valutazione del rischio” prevede – per ogni singola minaccia precedentemente considerata – l’analisi dell’impatto (su una scala valutativa crescente da “trascurabile” a “critico”), l’analisi della probabilità di accadimento (su una scala valutativa crescente da “improbabile” a “certo/imminente”) e infine la valutazione del “livello di rischio” (su una scala valutativa da “inaccettabile” ad “accettabile”).

Sulla base del “livello di rischio” valutato per ogni singola minaccia considerata vengono definiti e proposti i necessari interventi di mitigazione, che saranno categorizzati nel modo seguente: interventi organizzativi (potenziamento della consistenza, attività di addestramento e ottimizzazione nel dispiegamento per il personale addetto e volontario), interventi operativi (nuove procedure per un innalzamento dei livelli di protezione e allertamento) e interventi tecnologici (installazione di nuove tecnologie ed eventuale potenziamento di quanto già presente  per video-sorveglianza, controllo accessi, sistemi anti-intrusione e allertamento).

La sesta fase riguarda la “gestione della crisi” attraverso la definizione di un dispositivo organizzativo che definisca:

a) il sistema di deleghe e poteri decisionali per il personale direttivo e operativo (religioso e civile) della Struttura Responsabile;
b) le competenze e la capacità di intervento del personale operativo della Struttura Responsabile riguardo all’espletamento delle mansioni ordinarie in tema di Sicurezza e nella gestione dell’emergenza (internamente e nei confronti delle Pubbliche Autorità);
c) il “Piano di Emergenza” che preveda, per le diverse categorie di eventi: l’immediata attivazione delle procedure di emergenza con un Responsabile Unico (in possesso di tutti i poteri ordinari/straordinari per un corretto e tempestivo coordinamento delle attività e come unico referente verso le Pubbliche Autorità), l’esistenza di un efficace dispositivo di allertamento (procedure, postazioni e sistemi di comunicazione verso l’interno e verso l’esterno del sito), l’esistenza di presidi medicali di Primo Soccorso, l’esistenza di dispositivi antincendio (estintori, ecc.) e il mantenimento in efficienza operativa di tutto il dispositivo previsto (attraverso esercitazioni periodiche ed un accurato piano di formazione per il personale religioso e civile).

La settima e ultima fase prevede l’esposizione critica del risultato della valutazione alla Struttura Responsabile (giudizio complessivo circa la vulnerabilità del sito con il dettaglio delle azioni di mitigazione del rischio proposte) in modo che si possano analizzare priorità, tempistiche, costi e benefici attesi del piano di intervento, con l’obiettivo di massimizzarne l’efficacia (in termini di “risposta operativa” del dispositivo) e l’efficienza (in termini di “impieghi finanziari ed organizzativi”).

Il piano di intervento potrà subire modifiche in caso di mutamenti significativi nello scenario (che dovessero sopravvenire successivamente alla valutazione) e/o per rimodulazione delle risorse finanziarie eventualmente destinate allo scopo. Lo stesso piano potrà, infine, essere oggetto di verifiche periodiche a cura del Gruppo di Valutazione durante le singole fasi di implementazione.

Conclusioni

L’adozione del protocollo sopra descritto può costituire un “primo passo” efficace da parte dell’organizzazione responsabile del sito religioso ai fini della valutazione del “rischio sicurezza antiterrorismo”.

L’approccio metodologico, da cui il presente studio trae origine, è già stato validato nell’ambito delle infrastrutture critiche e dei siti sensibili e lo stesso protocollo è stato qui applicato nel contesto e alle esigenze dei siti di interesse religioso.

Sono state tenute in debito conto le esigenze di fruizione dei luoghi come “siti di professione di culto religioso” e, pertanto, le risposte operative ed organizzative punteranno soprattutto a strategie di sorveglianza visiva discreta, individuazione di situazioni di rischio ed allertamento precoce (operabili da personale non armato e per quanto possibile “volontario”, purché adeguatamente addestrato).

Piuttosto importanti sono le modalità previste dal protocollo nell’interfacciamento dell’organizzazione responsabile del sito con le Pubbliche Autorità (in primis, FF.OO. e prefetture) per le attività di protezione esterne ai siti, modulabili in base a esigenze specifiche (eventi religiosi, elevati flussi di visitatori, livelli di allarme particolari, ecc.) e per le quali le misure adottate internamente rivestono carattere di “complementarità”.

Si evidenzia, infine, come l’adozione del presente protocollo per la stesura di un documento di valutazione dei “rischi sicurezza antiterrorismo” e la successiva implementazione delle relative azioni di mitigazione potrebbero costituire un importante elemento per il contenimento dei premi per polizze assicurative (eventualmente attivate dall’organizzazione religiosa a copertura di eventi speciali).

Il protocollo qui presentato costituisce pertanto uno strumento snello, efficace e ampiamente sostenibile (in termini d’impiego di risorse organizzative e finanziarie) per la corretta gestione dei rischi di terrorismo, promuovendo nel contempo l’organizzazione religiosa a soggetto attivo per una migliore garanzia della pacifica fruizione del luogo di culto.

Riferimenti bibliografici e normativi

Todaro-Iavarone, Protocollo per la Valutazione del Rischio Sicurezza dei Luoghi di Culto, novembre 2016
Todaro-Iavarone, Protocollo per la Valutazione del Rischio Sicurezza AS/AT, novembre 2012
Iavarone-Todaro-Caria, La Protezione delle Infrastrutture Critiche, Ministero Difesa, Rivista Militare nr. 1/2013
Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019
Monsignor B. Auza, Intervento presso l’Assemblea delle Nazioni Unite, New York, 11 giugno 2019
Arma dei Carabinieri-MIBACT-CEI, Linee guida per la tutela dei beni culturali ecclesiastici, novembre 2014
ISO 31000:2018 – Risk Management, Principles and Guidelines
ISO 31010:2019 – Risk Management, Risk Assessment Techniques

 

Articolo a cura di  Claudio Todaro e Vincenzo Iavarone

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Claudio Todaro e Vincenzo Iavarone

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