Health Security: un panorama connotato da molteplici insidie e criticità emergenti

Nonostante possa apparire a una prima analisi ridondante, è sempre estremamente utile soffermarsi sul termine “sicurezza” al quale, nella lingua italiana, sottendono svariati significati egregiamente rappresentati dagli omologhi termini appartenenti alla lingua anglosassone; infatti, pur nella semplicità di un termine unico, è noto come esso possa essere declinato, prendendo appunto spunto dalla lingua inglese, in ben cinque aspetti differenti e non, come spesso accade, limitatamente ai termini Safety e Security.

Se per Safety e Security ci riferiamo quotidianamente alla protezione del patrimonio, sia esso tangibile che intangibile, da atti di natura rispettivamente colposa e dolosa, i restanti tre aspetti, ovvero Health, Environment ed Audit, vengono sistematicamente dimenticati o, quantomeno, considerati d’importanza minore.

Ad esempio l’aspetto di Health, ovvero la salvaguardia della salute delle persone non limitatamente alla permanenza nei luoghi di lavoro, bensì durante l’intero arco di vita, ha assunto col passare del tempo un’importanza sempre maggiore, correlandosi strettamente all’evoluzione dei nostri stili di vita, della ricerca in campo medico e ad una mutazione incredibilmente rapida di virus e batteri; similmente la componente Environment, rappresentata dalla protezione del sistema Ambiente in tutte le sue componenti, rappresenta una delle maggiori criticità evidenziate dalla comunità scientifica internazionale fin dal secolo scorso, in quanto caratterizzata da svariate vulnerabilità alla luce di attività antropiche sempre più impattanti e purtroppo spesso irreversibili.

Infine, non di certo per importanza, urge considerare l’aspetto di Audit, ovvero l’attività di sistematica e periodica verifica dei piani e delle procedure di sicurezza, funzionale a constatare il livello di congruità di quanto previsto dal punto di vista documentale con la contingenza di scenari sempre più complessi e caratterizzati spesso da criticità in continua e crescente evoluzione; tutto ciò, in un’ottica di ottimizzazione e di miglioramento continuo delle risorse, dei processi e degli standards qualitativi.

Tornando al succitato aspetto della parola “sicurezza” declinato col termine anglosassone Health, vediamo in prima linea l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO – World Health Organization), la quale ha recentemente inaugurato il nuovo piano strategico quinquennale esponendolo nel suo tredicesimo programma di lavoro.

Nel rapporto presentato vengono segnalate le dieci maggiori sfide che l’Organizzazione Mondiale della Sanità si troverà a dover fronteggiare nel prossimo quinquennio, le quali spaziano dagli aspetti legati alla degenerazione dell’ambiente, quindi il citato Environment, passando per le malattie caratterizzate da una maggiore letalità.

L’aspetto interessante di tale classifica è che, oltre all’impatto umano sull’ambiente che ne causa l’inquinamento, nonché l’alterazione degli ecosistemi, alcune delle minacce sono più che mai diretta responsabilità dell’agire umano: infatti, sia le remore alle vaccinazioni che l’uso indiscriminato di antibiotici a largo spettro, rappresentano due delle maggiori aree di futuro rischio per la salute globale.

La resistenza dei batteri agli antibiotici è una minaccia da non sottovalutare, in quanto l’acquisizione dell’immunità dalla terapia antibiotica potrebbe portare nei prossimi anni a un incremento delle epidemie, con ricadute sia sui sistemi sanitari nazionali che si troverebbero impreparati a gestire grandi numeri di malati, sia sulla produttività in senso più ampio.

Negli ultimi due secoli le conquiste della medicina sono state molteplici, ma lo sviluppo di antibiotici, antivirali e antimalarici devono essere annoverati tra i più grandi successi nella difesa della salute sia umana che animale: la riduzione di malattie causate da batteri, parassiti, virus e funghi ha assicurato infatti un miglioramento ed un allungamento della vita media della popolazione mondiale, riducendo drasticamente infezioni come polmonite, tubercolosi e salmonellosi.

Volendo fare un esempio concreto di cosa comporti la resistenza antimicrobica, più comunemente detta resistenza antibiotica, si possono analizzare le statistiche per la tubercolosi, una malattia ben conosciuta e oggi curabile, la quale contagia annualmente circa 10 milioni di persone causando 1,6 milioni di morti nonostante sia possibile contrastarla con diversi antibiotici; nell’anno 2017 circa 600.000 casi di tubercolosi sono risultati essere resistenti alla rifampicina, il farmaco di prima linea più efficace, ove ben l’82% dei pazienti infettati aveva delle forme di tubercolosi multi-resistente.

La resistenza degli agenti patogeni ai farmaci può essere naturale o acquisita; tra gli esempi di resistenza naturale agli antibiotici abbiamo, ad esempio, i micoplasmi, ovvero una specie di batteri i quali, essendo privi della parete cellulare, non sono bersaglio di tutta quella categoria di antibiotici (tra cui rientrano le note penicilline e cefalosporine) che hanno come bersaglio appunto la parete cellulare.

Altro esempio utile deriva dagli enterococchi, microorganismi batterici che si sviluppano nel tratto intestinale e privi del diidrofolato reduttasi, un enzima implicato nel metabolismo dell’acido folico in tutte le cellule viventi, le quali utilizzano l’acido folico assorbendolo dall’esterno e acquisendo in tal modo la resistenza ai sulfamidici.

Un’altra modalità di resistenza ai farmaci antibiotici, che risulterà probabilmente essere una delle principali minacce alla salute pubblica del prossimo ventennio, è quella acquisita, la quale si scatena nella maggior parte dei casi da una precedente esposizione dell’agente patogeno all’antibiotico; essa si realizza con differenti meccanismi di cui le principali forme sono: la modifica del target batterico, la produzione da parte del batterio di enzimi inattivanti l’antibiotico, la ridotta permeabilità all’antibiotico e l’efflusso attivo che induce l’uscita dell’antibiotico stesso dalla cellula grazie a un sistema di pompe attive.

L’uso eccessivo di antibiotici, sia nelle persone che negli animali da allevamento impiegati per la produzione alimentare, nonché nel settore agroalimentare, ha come risultato il favorire lo sviluppo di ceppi resistenti, che si prevede possano portare in futuro a un severo aumento delle morti da infezioni batteriche.

Sull’argomento c’è una visione condivisa da tutta la comunità scientifica internazionale, e il direttore del dipartimento della Salute della donna e del bambino della Fondazione IRCCS del Policlinico San Matteo di Pavia, Mauro Stornati, nell’affrontare tale problematica ha confermato le previsioni che vedono accrescere la mortalità a causa dello sviluppo della resistenza antibiotica dei differenti ceppi batterici e non solo.

Nel 2050 il fenomeno dell’antibiotico-resistenza sarà la prima causa di morte; gli antibiotici sono un presidio fondamentale per la nostra salute ed il problema nasce perché se ne prescrivono troppi e se ne utilizzano troppi a tutti i livelli: purtroppo creano dei microorganismi multi-resistenti quando sono usati male o in eccesso, e questo sarà un problema con cui dovremmo confrontarci probabilmente già nel prossimo decennio”.

Uno studio condotto negli Stati Uniti ha calcolato che dal 2050 in poi ci saranno 10 milioni di decessi ogni anno a causa di microrganismi multi resistenti, con un conseguente accumulo dei costi sanitari dovuti sia al protrarsi della malattia sia all’esigenza di test aggiuntivi per determinare la corretta tipologia di farmaco da impiegare; il Gruppo della Banca Mondiale stima che la resistenza antibiotica dei ceppi batterici potrebbe ridurre il prodotto interno lordo globale annuale, raggiungendo un picco massimo stimabile in circa $ 10,8 trilioni di spese sanitarie aggiuntive.

In Europa si è concluso da pochi giorni il sondaggio messo a punto dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) circa le conoscenze e le attitudini degli impiegati nel settore sanitario dell’Unione Europea in merito all’uso degli antibiotici relativamente alle problematiche connesse agli aspetti dell’antibiotico-resistenza; per l’Italia, l’Istituto Superiore di Sanità ha invitato tutti gli operatori a dedicare dieci minuti alla compilazione del questionario on-line indirizzato a medici, infermieri, farmacisti e dirigenti di ospedali, nonché a ricercatori clinici, fisioterapisti, infermieri ausiliari, odontotecnici, tecnici farmaceutici, équipe sanitarie pubbliche e studenti delle facoltà sanitarie, i cui risultati serviranno da base progettuale per lo sviluppo di strategie utili ad affrontare in maniera sinergica ed efficace il problema dell’antibiotico resistenza.

 

Articolo a cura di Claudia Petrosini e Stefano Scaini

Profilo Autore

La Dott.ssa Claudia Petrosini è specializzata nel settore della Difesa CBRN. Nel 2015 ha conseguito un Master in studi strategici e sicurezza internazionale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e nel novembre 2016, con una tesi dal titolo “Infrastrutture critiche italiane: pervenire ad una mappatura territoriale dei rischi CBRN”, ha conseguito il Master in protezione strategica del sistema Paese presso la SIOI - Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Nel 2019 ha frequentato, presso l’ICTP - International Centre for Theoretical Physics, la Joint ICTP-IAEA International School on Nuclear Security. E’ coautrice del volume dal titolo "Terrorismo e Soft-target" (EPC Editore – 2020) nonché di numerose e riconosciute pubblicazioni tecnico-scientifiche in campo nazionale.

Profilo Autore

Stefano Scaini opera nei settori Security e Safety dal 1993 fornendo servizi, consulenze e contributi didattici in merito a sicurezza, tecnologie ed applicazioni sia civili che militari, con particolare riferimento agli aspetti dual-use e quanto afferente ai settori Sicurezza, Protezione e Difesa di assets critici. Certificato Professionista della Security di III livello - Senior Security Manager in conformità alla norma UNI 10459:2017, è altresì certificato con merito al livello AMBCI presso The Business Continuity Institute. Certificato P.F.S.O., C.S.E., R.S.P.P., Covid Manager, Tecnico Ambientale e Coordinatore 257/'92, è in possesso dal 1996 dell'idoneità tecnica all’impiego di materiali esplodenti (ai sensi dell’Art. 27 del D.P.R. n°302/'56) ed iscritto al Ruolo dei Periti e degli Esperti della CCIAA di Parma nella Categoria CHIMICA-Esplosivi.

Condividi sui Social Network:

Articoli simili