L’innovazione tecnologica è inarrestabile ed i media digitali sono diventati una parte indispensabile nella vita quotidiana, come si evince dal “Digital 2021 – Global Social Overview” redatto da We Are Social (una socially-led creative agency, con sedi in tutto il mondo) e Hootsuite (società creatrice di una dashboard per la gestione dei canali social aziendali).
Nel 2020, durante il dilagare della pandemia e le conseguenti misure di lockdown, gli utenti dei social media sono cresciuti ad un ritmo tale – rispetto agli ultimi tre anni – fino a raggiungere il numero di 4,20 miliardi. I dispositivi mobili hanno registrato, altresì, una crescita straordinaria e si sono convertiti nella nostra prima modalità di comunicazione. Il report evidenzia, inoltre, che: il 45% degli utenti dichiara di visitare le piattaforme social ogni qualvolta hanno bisogno di informazioni su prodotti o servizi. Un brand, se presente su almeno una o due delle piattaforme social più importanti, è in grado di raggiungere, potenzialmente, quasi la totalità della popolazione globale, confermando, così, come questi media si siano convertiti in un touchpoint fondamentale per qualsiasi organizzazione. Ne consegue che le organizzazioni devono essere in grado di gestire, aggiornare e monitorare la comunicazione in modo da intercettare le “umoralità” e le fake news presenti in rete dato che possono convertirsi in un rischio sino a comprometterne la reputazione e l’operatività.
I mercati oggigiorno si sono convertiti in “conversazioni” in cui dati ed informazioni viaggiano in tempo reale e superano i confini nazionali. La concorrenza ed il brand si basano sulla capacità di ascolto, sulla selezione e sull’analisi di dati ed informazioni in modo tale da tradurre i numeri in strumenti di supporto decisionale che possono fare la differenza nella definizione di scelte strategiche e di tattiche aziendali.
A questo proposito, è doveroso ricordare che il diffondersi di internet e dei dispositivi mobili ha dato anche un notevole impulso al fenomeno della disinformazione, come dimostrano le numerose fake news che circolano in rete e sui social network, anche sotto forma di infiltrazioni abusive: si assiste alla fine del monopolio unidirezionale dell’informazione e, chiunque, con i propri commenti, può decretare il successo o insuccesso di un certo prodotto o servizio.
Chi crea le fake news si prefigge di pregiudicare il rapporto fiduciario tra consumatore, stakeholder e azienda, creando, in questo modo, un effetto domino in termini di deterioramento delle relazioni, riduzione delle vendite, complicazione dei rapporti con i canali distributivi, costo delle iniziative varate per gestire la crisi ecc.
Ogni organizzazione deve dimostrarsi in grado di coniugare competenze tecnologiche, di marketing, di comunicazione e legali a supporto della gestione del proprio ciclo reputazionale, anche avvalendosi di consulenti specializzati. Di fatto, deve mettere in atto un’approfondita attività di ascolto e analisi dei dialoghi che si svolgono sulla rete, unitamente ad interventi repentini atti a prevenire e ad affrontare un attacco reputazionale e a gestire la crisi, considerando anche le forme di tutela legale e gli strumenti per la valutazione del danno commerciale che può derivare.
Siamo di fronte ad uno scenario caratterizzato da un mix d’interazione che ha pesanti effetti collaterali dal momento che, spesso, l’opinione viene confusa con la competenza e l’autorevolezza della fonte passa in secondo piano; mentre l’ampia condivisione di un’informazione o un commento ne decreta la credibilità; come dire che la rilevanza ha la prevalenza sulla verità.
Quando si parla di reputazione aziendale ci si riferisce alla percezione delle azioni passate e future di una azienda che ne determinano l’attrattività generale agli occhi dei vari interlocutori rispetto ai principali concorrenti. Trattasi di un concetto relazionale che si costruisce all’interno dell’interazione tra più soggetti quali gli stakeholder, dipendenti, clienti e fornitori e società.
La reputazione è, quindi, la conditio sine qua non per fare affari e aprirsi alle opportunità di crescita. Come ha più volte affermato Warren Buffet (imprenditore, economista e filantropo statunitense), “Ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e 5 minuti per rovinarla”. Pertanto, diventa fondamentale intercettare le fake news e risalire alla loro fonte nella rete dal momento che, in un mercato “conversazionale”, il cliente si crea un proprio percorso informativo che lo induce a scegliere il prodotto dell’azienda in questione – e non quello di un’altra – attraverso la consultazione di fonti informali e lo scambio di informazioni tra pari. Ne consegue che notizie di dubbia provenienza e contraddittorie possono diffondersi.
È doveroso ricordare che la reputazione aziendale ha una natura dinamica: si modifica e si evolve a seconda della cultura sociale e del sentire comune e in base a comportamenti e risultati ottenuti dall’azienda stessa. Essa va costantemente coltivata e riaffermata dal momento che una fake news su un prodotto, sugli assetti proprietari di un’azienda, ecc. non ha solo effetti sulla brand reputation, sulla fedeltà dei consumatori, ma comporta anche costi in termini organizzativi o di tempo e risorse – umane e finanziarie – da destinare al debunking (i.e. smascheramento) e al contempo, controbattere alle rivendicazioni di associazioni di settore, di tutela del consumatore, ecc. Pertanto, è sempre più strategico e fondamentale gestire il rischio reputazionale, mitigarne degli impatti oltre a predisporre piani adeguati di crisis management.
Risk Management & Business Continuity – La gestione del rischio reputazionale deve essere conseguita attraverso una calibrata sintesi di applicazione delle discipline di Risk Management & Business Continuity. Di fatto, essere in grado di identificare, valutare e trattare in modo efficace il rischio reputazionale può salvaguardare la reputazione di un’azienda e ridurne il rischio a un livello accettabile. Ovviamente, ciò presuppone che siano messi in atto controlli adeguati e che, a loro volta, i dipendenti esercitino tali controlli. Inoltre, la garanzia di continuità operativa, unitamente a efficaci piani di ripristino, consente alle aziende di ridurre i danni causati dalle fake news.
Un’adeguata gestione del rischio reputazionale, pertanto, inizia con l’identificazione da un lato delle risorse organizzative soggette alle minacce di fake news che, se realizzate, avranno un impatto sulla reputazione dell’organizzazione e, dall’altro lato, delle risorse relative alla reputazione, quali il marchio di un prodotto, vision, mission e corporate responsibility, i dipendenti e i documenti riservati, ecc…
Nel processo di valutazione del rischio reputazionale è importante valutare i livelli di rischio sulla base di molteplici fattori partendo dalla probabilità delle minacce di fake news, l’impatto e la vulnerabilità degli asset valutati. Utilizzando questi fattori, un’organizzazione sarà in grado di identificare le minacce in ordine di gravità e, di conseguenza, attuare decisioni e politiche atte a mitigarle.
Ne consegue che occorre anche misurare il grado di reputazione dell’organizzazione attraverso:
Inoltre, l’implementazione di piani di continuità aziendale e di ripristino in termini di salvaguardia della reputazione aziendale costituiscono una parte essenziale della gestione del rischio reputazionale. Sappiamo come, in caso di interruzione, sia necessaria una risposta efficace, tempestiva e ottimale per garantire la protezione di un’azienda. Lo stesso vale quando si verifica un evento importante che porta alla ribalta la reputazione di un’azienda. Una risposta ben gestita e impeccabile, direttamente o indirettamente correlata alla reputazione, può migliorare notevolmente l’immagine e salvaguardare la reputazione di un’organizzazione.
Affinché un piano di continuità aziendale e di ripristino abbiano i risultati sopra menzionati, è necessario che sia realizzata una pianificazione efficace ed efficiente. Il sistema di gestione della Business Continuity messo in atto per gestire una crisi deve fornire una chiara descrizione dei ruoli degli attori coinvolti e degli obiettivi di recupero, specificare chi ha l’autorità per prendere decisioni che influenzano la reputazione e contenere le modalità di gestione della crisi (Crisis Management) e piani di comunicazioni (Crisis Communication), contemplando l’implementazione di alcune tra le seguenti strategie:
Crisis Management – Risulta di fondamentale importanza per l’organizzazione predisporre anticipatamente una strategia di gestione della crisi in modo tale da intervenire tempestivamente per contenere i danni generati da fake news e riportare la fiducia nei confronti dell’organizzazione ai livelli pre-crisi. Pertanto, occorrerà:
Una reputazione aziendale solida è oggi uno degli elementi che generano maggior valore competitivo nei confronti dei concorrenti; essa è considerata un bene primario intangibile al pari del know-how d’impresa. Le fake news sono costose: come si evince dallo studio “Economic Cost Of Fake News” pubblicato nel 2019, il costo delle fake news, su base annuale, risulta essere pari a 78 miliardi di dollari all’anno a fronte, principalmente, delle perdite del mercato azionario, del calo delle entrate e della reputazione compromessa.
Risulta quanto mai necessario e strategico per le organizzazioni incorporare le discipline di Risk Management, Business Continuity e Crisis Management in modo sinergico ed olistico focalizzato sulla condivisione delle informazioni, l’analisi congiunta e la pianificazione integrata per supportare gli obiettivi strategici.
Saranno sempre più necessarie tecnologie di monitoraggio dei contenuti della rete e di reputation intelligence in modo tale da avere un controllo maggiore sul brand e, al contempo, intercettare il cambiamento delle opinioni di tutti gli stakeholder oltre a predisporre in tempo reale, ove possibile, una reazione atta a contrastare le opinioni negative e le fake news prima che l’immagine sia inevitabilmente compromessa.
Le organizzazioni devono prendere consapevolezza che oggi dilaga il “verosimile”, quello che può confondere. Pertanto, è necessario avere una capacità di “ragion critica” consolidata dal momento che la notizia che sembra vera, se attentamente analizzata e verificata, potrebbe rivelarsi in realtà falsa. È necessario svolgere un’attività di fact-checking contro la disinformazione, le fake news e l’allarmismo dilagante sui social media, attraverso una raccolta di segnalazioni e successiva verifica. Le nostre capacità critiche dovranno essere sempre più raffinate e, solo la profonda – e diffusa – conoscenza del funzionamento del web e dei social, sia in termini di uso corretto sia in termini di lati oscuri e insidie che essi comportano, potrà garantire il controllo di fonti e le opportune reazioni atte ad arginare il rischio reputazionale.
Articolo a cura di Federica Maria Rita Livelli
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