Lo scopo di questo contributo è di elencare un po’ di errori e cattive pratiche che i due attori della sicurezza più importanti, da un lato il Committente, dall’altro il Coordinatore della sicurezza, possono commettere prima – in fase di programmazione – e durante la conduzione della sicurezza nei cantieri temporanei e mobili. È difficile non chiamare in causa questi soggetti quando si vuole discutere con un collega, semplicemente davanti a un caffè, su pratiche poco corrette direttamente riscontrate dagli organi di vigilanza, delle imprese esecutrici o da consulenti chiamati dalle stesse imprese solo per tradurre comportamenti e prese di posizione spesso lontane dalla buona prassi e dalla volontà del legislatore.
Vediamo insieme qualche errore consueto, ripetitivo ma… da evitare assolutamente.
Benché il D.Lgs. 81/2008 nell’art. 90 è chiaro e puntuale in merito alla nomina del CSP/CSE, tanti committenti interpretano la norma a loro piacimento pensando, in difetto, che il coordinatore debba essere nominato perché l’opera si presenta, dal punto di vista tecnologico e strutturale, particolarmente complessa.
Questo criterio è totalmente sbagliato: l’obbligatorietà della nomina del CSP/CSE nasce per l’esigenza di coordinare due o più imprese che operano anche non contemporaneamente. Nulla a che vedere con la complessità dei lavori o con il numero di lavoratori impegnati nell’opera stessa (ancora sento qualche collega riferirsi ai 200 U/G come criterio di valutazione per la nomina dei coordinatori).
Uno solo è il criterio che fa scattare l’obbligatorietà della nomina: la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanee.
Anche se nella maggior parte dei casi il CSP ricopre anche il ruolo di CSE, molte volte quando il Committente decide di avvalersi del coordinatore in esecuzione, si presenta una situazione paradossale in cui il nuovo CSE nominato prima dell’esecuzione, senza preoccuparsi più di tanto, accetta e fa applicare in cantiere le prescrizioni che il vecchio CSP ha stabilito all’atto della progettazione nel Piano di Sicurezza e Coordinamento.
Questa pratica diffusa è assolutamente da evitare… basti solo pensare che viviamo in Italia, dove il lasso temporale che può passare tra la progettazione di un opera e la sua realizzazione può raggiungere anche una generazione!
In questo caso, quindi, mi viene da consigliare al buon CSE di valutare la qualità del PSC prima dell’inizio dei lavori, valutando una revisione del piano per conformarlo alle reali esigenze dello specifico cantiere. Sembra incredibile a dirsi ma, a più di vent’anni dal primo recepimento della direttiva cantieri in Italia, con il D.Lgs. n. 494/1996, esistono ancora differenze abnormi nella qualità della redazione dei PSC, tali da non dovere considerare remota l’eventualità che il coordinatore per l’esecuzione possa trovarsi imbarazzato a dovere fare rispettare alcune prescrizioni, fino ad arrivare a non condividere assolutamente l’impostazione data dal coordinatore per la progettazione. Del resto l’art. 92 comma 1, lettera b) del D.Lgs. 81/2008 stabilisce l’obbligo del CSE di adeguare il PSC “in relazione all’evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute”. In pratica, se il progetto viene modificato durante i lavori, se le tecnologie, la programmazione o altro che può avere influenza sul coordinamento della sicurezza viene modificato, allora è responsabilità del CSE adeguare il piano.
Chiariamo subito: la verifica dell’idoneità tecnico-professionale è un obbligo del committente o responsabile dei lavori.
Secondo l’art. 90 comma 9, lettera a) D.Lgs. 81/2008: “Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica impresa o a un lavoratore autonomo:
Nei compiti e nelle responsabilità del CSE riconducibili all’art. 92, non vi è alcun riferimento alla verifica ITP (idoneità tecnico professionale).
Però occorre fare una piccola riflessione: anche se dal punto di vista normativo tale obbligo non cade sulle spalle del CSE, è buona prassi che quest’ultimo ricordi, anche in modo formale, al committente e al responsabile dei lavori che la legge gli attribuisce tale obbligo e, facendosi promotore, contribuisca alla verifica offrendo al committente anche un’opportuna consulenza per l’assolvimento di cui all’articolo 90.
Altro punto delicato… la Notifica Preliminare. Molti non sanno che la verifica dell’idoneità tecnico professionale di cui al punto precedente è propedeutica alla trasmissione e aggiornamento della notifica preliminare. Il committente o Responsabile dei Lavori, che è l’unico responsabile dell’inoltro della notifica agli enti preposti (INL, ASL, per i cantieri pubblici anche prefetto e… CPT), inviando il documento attesta che l’impresa esecutrice è stata verificata positivamente sotto il profilo dell’idoneità tecnico professionale e le è stato comunicato il nominativo del coordinatore per l’esecuzione.
L’art. 99 del D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza) definisce compiutamente i casi in cui occorre procedere alla notifica preliminare. In particolare prevede che il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’inizio dei lavori, trasmetta all’Asl e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti la notifica preliminare elaborata conformemente all’allegato XII, nonché gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:
Inoltre lo stesso articolo 99, come modificato dal decreto sicurezza (legge 132/2018), prevede che per i lavori pubblici la notifica sia inviata anche al prefetto. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile presso il cantiere e custodita a disposizione dell’organo di vigilanza territorialmente competente. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni possono chiedere copia dei dati relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.
Attenzione: vietato sostituirsi al DL delle imprese esecutrici. Infatti l’unico soggetto preposto all’attività di sorveglianza dei lavoratori in cantiere per il rispetto delle prescrizioni in materia di sicurezza è il Datore di Lavoro o suo preposto. Il ruolo del CSE è puramente di coordinamento; coordinamento definito di macro livello, perché:
Questo, di fondo, è assolutamente sbagliato! Non è il numero dei sopralluoghi effettuati a qualificare il buon operato del CSE ma saper programmare i sopralluoghi nei momenti giusti.
E quali sono questi momenti? Proviamo a fare un elenco (non esaustivo) di lavorazioni per la realizzazione di una struttura (ad esempio, una villetta) che, secondo il parere del sottoscritto, necessitano della presenza del coordinatore in esecuzione:
Facciamo un po’ di chiarezza in tal senso.
La sospensione delle singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate è uno strumento che il D.Lgs. n. 81/2008 prevede all’articolo 92, comma 1, lettera f) in capo al CSE, in caso di “pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato”. Grave significa una circostanza che può avere come esito un infortunio dal quale si recupera in settimane, se non mesi; imminente che è prossimo ad accadere, che può accadere da un momento all’altro nel senso che sono presenti tutte le condizioni perché accada. Direttamente riscontrato significa che sta succedendo sotto gli occhi del coordinatore. In ogni modo il tutto è riferito alla singola attività.
Diversamente è l’istituto della sospensione dei lavori. In tale fattispecie il CSE si limita esclusivamente a segnalare (art.92, comma 1, lettera e) “al Committente o RL, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95, 96 e 97, comma 1, e alle prescrizioni del piano di cui all’articolo 100, ove previsto, e propone la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per l’esecuzione dà comunicazione dell’inadempienza alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti”.
La casistica per le sospensioni è estremamente contenuta e sembrerebbe anche di facile identificazione, in situazioni che dovrebbero essere eccezionali. Ciò nonostante lo strumento della sospensione dei lavori è spesso usato dagli CSE come strumento ordinario per la gestione degli appaltatori, anche in ambiti che sembrano travalicare le previsioni di legge e le proprie competenze.
Quindi facciamo attenzione e soprattutto informiamo il Committente. È lui, infatti, ad avere in mano le redini economiche del rapporto con l’impresa, e una sua presa di posizione varrà più di mille sbraiti che echeggino in cantiere.
In conclusione – come ho cercato di evidenziare – la cattiva prassi da un lato e la mancata conoscenza dall’altro, possono portare noi Coordinatori su strade tortuose e poco chiare.
Mi rivolgo soprattutto ai giovani tecnici che vogliono intraprendere questa strada: arricchire conoscenze e competenze è utile per non trovarsi in situazioni spiacevoli, dove la sanzione è dietro l’angolo.
Vero anche che, per tenere conto sia delle reali dinamiche organizzative e produttive del settore delle costruzioni sia delle ripetute pronunce della Corte di Cassazione, si ritiene opportuno che il legislatore riveda nello specifico i contenuti del Titolo IV e, in particolare, gli obblighi del CSE; anche per riavvicinarci al resto dei Paesi della UE, che hanno definito tale figura non come un controllore aggiunto ma come un regista della sicurezza sul lavoro nel corso del processo costruttivo.
Articolo a cura di Vincenzo Panico
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